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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2012 alle ore 18:33.

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«Il 25 Aprile è diventato la festa di tutto il popolo e la nazione italiana; e nessuna ricaduta in visioni ristrette e divisive del passato, dopo lo sforzo paziente compiuto per superarle, è oggi ammissibile». Queste le parole del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un passaggio del suo intervento al Quirinale davanti ai rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d'arma.

«Ringrazio perciò in modo particolare i rappresentanti in questa sala di tutte le parti politiche in seno alle istituzioni nazionali, laziali e romane - ha detto ancora il presidente - è una forza della democrazia promuovere l'unità fra tutte le forze politiche e sociali».

Il capo dello Stato ha quindi definito il 25 aprile «una ricorrenza fondamentale della storia dell'Italia unita, di quelle che più ne hanno segnato il cammino sulla via dell'indipendenza, della dignità, della libertà, della coesione nazionale», una data che simboleggia «la capacità di riscossa e di mobilitazione di un popolo duramente provato».

Napolitano ha ricordato come in questi anni siano stati valorizzati sia il ruolo svolto dai militari che quello della Resistenza civile: «Si è lavorato tenacemente per liberare l'immagine e il volto della resistenza dalle ferite di quel che fu anche guerra civile», e così «il 25 aprile è diventata la festa di tutto il popolo e la Nazione italiana e nessuna ricaduta in visioni ristrette e divisive del passato, dopo lo sforzo paziente compiuto per superarle, è oggi ammissibile».

Quanto alle «difficoltà attuali del nostro paese», il presidente ha dichiarato che tali criticità, «pur poste al centro di politiche rigorose avviate in questi mesi dal governo e dal Parlamento, richiedono anche una nostra seria iniziativa al livello dell'Unione europea, perché in quella sede si operino riequilibri e si adottino indirizzi essenziali per promuovere crescita e occupazione in tutta l'area dell'euro».

«Auspico che i nostri due marò ritornino presto da liberi in Italia», ha detto infine Napolitano al Quirinale ricordando «le migliaia di uomini e mezzi in Afghanistan, in Libano, nei Balcani e nell'Oceano Indiano e in numerose altre missioni internazionali».

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