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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2012 alle ore 07:58.

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BRUXELLES - Anche la Banca centrale europea è intervenuta ieri nel dibattito europeo sulla necessità di rilanciare l'economia in un contesto politico e sociale segnato dal successo di alcuni partiti populistici. Parlando dinanzi alla Commissione Affari Economici del Parlamento europeo, il presidente della Bce Mario Draghi ha promosso l'idea di «un patto per la crescita», mostrandosi tra le altre cose più cauto che in precedenza sulle prospettive economiche della zona euro.

«Abbiamo avuto un fiscal compact», ha detto Draghi riferendosi al nuovo accordo sulla disciplina di bilancio nell'Unione e rispondendo a una domanda di un deputato. «Ciò che più mi preme oggi è di avere un growth pact», un patto per la crescita. Il banchiere centrale non ha dato precisazioni. Nel suo discorso, qualche minuto prima, Draghi aveva però sottolineato la necessità di rafforzare il governo economico dell'Unione, sulla base della recente riforma del Patto di Stabilità.

«Garantire la competitività di tutti i Paesi della zona euro dovrebbe essere visto come una responsabilità comune - aveva detto il presidente della Bce -. Abbiamo bisogno di un cambiamento di mentalità del modo in cui le politiche nazionali sono condotte e percepite». Il banchiere centrale aveva anche parlato della necessità di una «sorveglianza reciproca» nelle politiche di bilancio e macroeconomiche, e di una maggiore «cooperazione» nella ricerca, nello sviluppo, nell'istruzione e nelle infrastrutture.

La semplice espressione di growth compact ha scatenato la reazione di molti in Europa. Il candidato socialista all'Eliseo, François Hollande, che sta facendo campagna per sensibilizzare i partner sulla necessità di associare all'austerità anche il rilancio dell'economia, ha accolto favorevolmente le parole del banchiere. Da Berlino, il cancelliere Angela Merkel ha commentato più cauta: l'Europa ha bisogno di crescita, «come ha detto il presidente della Bce Mario Draghi, attraverso riforme strutturali».

Il banchiere centrale non ha mai dato l'impressione di voler approvare un'eventuale deriva dei deficit pubblici. Più volte durante il suo intervento, il presidente della Bce ha sottolineato che il risanamento dei conti pubblici è «inevitabile». Il consolidamento «attuato solamente sulla base dell'aumento delle tasse è sicuramente recessivo», ha precisato lo stesso Draghi, preferendo alla diminuzione della spesa per investimenti la riduzione della spesa corrente.

Sempre su questo fronte, il banchiere centrale ha avvertito che un modello sociale basato sull'indebitamento diventa inevitabilmente «insostenibile», ribadendo indirettamente la necessità di riformarlo. Al di là del dibattito sul mix di politica economica da adottare in Europa, Draghi ha colto l'occasione dell'audizione qui a Bruxelles per difendere le proprie scelte, sia sul fronte dei tassi d'interesse che sul versante delle operazioni di rifinanziamento a tre anni.

«Potete essere sicuri – ha spiegato – che il consiglio direttivo userà tutti gli strumenti a sua disposizione per contrastare eventuali rischi al rialzo per la stabilità dei prezzi». Draghi ha anche detto che discutere di una strategia di uscita dalla crisi gli pare «prematuro» vista «l'attuale situazione economica» e «l'incertezza molto molto elevata». Il banchiere non ha lanciato segnali di politica monetaria, né si è impegnato in nuove misure di sostegno alla zona euro, ma è sembrato più pessimista che nel recente passato.

Per tornare alle questioni più politiche, il banchiere centrale ieri non ha esitato a esortare i parlamentari e con essi la classe politica europea a riflettere all'Europa del futuro, nello stesso modo in cui 15 anni fa si pensò all'avvento dell'euro: «Dobbiamo chiederci dove vogliamo arrivare e quali siano le condizioni da rispettare (...) Dobbiamo dare l'impressione di essere in movimento. Non di essere immobili».

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