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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2012 alle ore 07:58.

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ROMA - Crescono le pressioni, sia dal fronte politico che da quello delle forze sociali, perché si passi in fretta dalla fase del rigore a quella delle misure concrete per sostenere la crescita. Si discute all'interno della maggioranza, e in particolare nella bozza di risoluzione che approverà il «Def», su interventi concreti per lo sviluppo, ma Mario Monti resta dell'idea che al momento non esistano «scorciatoie o facili vie di uscita» alla crisi. È stato proprio il sistema politico ad aver alimentato «l'illusione di vivere al di sopra dei nostri mezzi, ma il rigore porterà gradualmente a una crescita sostenibile e al lavoro».

Si celebra l'anniversario della Liberazione, e il presidente del Consiglio invita a rigenerare quell'esperienza «per far fronte ai gravi sacrifici che la situazione economica e sociale dell'Italia richiede». Paragone che può apparire improprio, e che tuttavia per Monti richiama lo stesso «spirito di sacrificio». Quello di oggi è un nemico non meno pericoloso, anche perché si annida «in alcuni modi di pensare e di vivere». Dalla crisi - osserva - si potrà uscire solo se tutti, «forze produttive, politiche, economiche e sociali, lavoreremo insieme nell'interesse del paese e del bene comune».

Monti parla al Museo storico della Liberazione, luogo simbolo della resistenza al nazifascismo. Proprio nel carcere-lager di Via Tasso si sono consumate le pagine più drammatiche e violente dell'occupazione. Su quei muri - sottolinea il premier - vi è l'evidenza di una «esperienza drammatica di tanti giovani che hanno contribuito, con le loro sofferenze, a liberare il paese. Per me la visita di quelle stanze è stata commovente». Monti definisce la Resistenza come il Risorgimento «beni inalienabili, pilastri su cui sono fondate la nostra democrazia e la nostra libertà».

Se allora in gioco erano proprio quei valori fondamentali, oggi si tratta di mettere in atto i principi del rigore, della crescita e dell'equità, per superare le «nuove, gravi difficoltà economiche e sociali». È il trinomio che compare fin dalle dichiarazioni programmatiche del Governo, e che tuttavia fa fatica ad affermarsi con la crisi che morde e crescono disoccupazione e disagio sociale. «Se tutti lavoreremo insieme che facevano i nostri padri durante la seconda guerra mondiale, potremo consegnare ai nostri figli un'Italia migliore».

In sostanza, per il presidente del Consiglio il rigore è precondizione per la crescita. E ricorre non a caso al termine "gradualità" per non alimentare aspettative miracolostiche di ripresa nel breve periodo. Lo sottolineano peraltro i numeri del «Def», laddove si certifica per l'anno in corso una contrazione del Pil all'1,2 per cento. Ma a parere di Monti gli italiani ne sono ben consapevoli «e stanno facendo grandi sacrifici. È uno sforzo che mi auguro sia compreso anche dalle forze politiche, economiche e sociali».

In altra direzione va la bozza di risoluzione sul Def. Un atto politico da non sottovalutare, e non a caso ieri il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto ha subordinato la durata del Governo «dalla sua capacità di prendere iniziative reali e non nominali sul terreno della crescita».

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