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Questo articolo è stato pubblicato il 25 aprile 2012 alle ore 14:43.
L'ultima modifica è del 02 maggio 2014 alle ore 13:39.

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Gas e petrolio, colpo doppio per Eni in Russia in meno di una settimana. Dopo aver festeggiato venerdì scorso accanto a Enel l'avvio della produzione di gas a Samburg, nella Siberia occidentale, la compagnia italiana ha stretto un accordo che dà vita a una partnership strategica con la prima compagnia petrolifera russa, Rosneft. Per la prima volta, l'accordo porterà Eni sul fronte del petrolio in Russia, con l'esplorazione e lo sviluppo congiunto di giacimenti offshore nel mar Nero e sull'Artico, nel mar di Barents. In cambio, Eni si impegna ad accompagnare i russi in alcuni suoi progetti internazionali.

Gli investimenti nelle ricerche ammontano a circa 2 miliardi di dollari, mentre quelli per valorizzarli superano i 100 miliardi di dollari (50-70 per Barents e 50-55 per il Mar Nero): queste le stime dell'amministratore delegato di Rosneft Eduard Khudainatov nella conferenza stampa dopo la sigla dell'intesa.

«Oggi Eni passa a un altro livello di collaborazione con la Russia», ha osservato Vladimir Putin che ha partecipato alla firma dell'intesa e ne ha approfittato per invitare il presidente del Consiglio Mario Monti al prossimo Forum economico di San Pietroburgo, la Davos dei russi, a metà giugno. «Se il presidente del Consiglio trova il tempo di venire al Forum – ha detto Putin, che si insedierà al Cremlino il 7 maggio – lo status e il ruolo dello stesso Forum ne risulterebbe innalzato. Ne saremmo molto felici». In caso contrario, «aggiusteremo la nostra agenda per incrociare la sua, senza alcun problema».

Dopo aver firmato l'accordo a Mosca insieme al presidente di Rosneft Eduard Khudainatov, l'amministratore delegato Paolo Scaroni ha spiegato che l'intesa tra Eni e Rosneft è «speculare» a quella, recentissima, tra la major russa e l'americana ExxonMobil, un incrocio di progetti tra Artico russo e Nord America. Così sarà ora per Rosneft ed Eni, che daranno vita a una joint venture che studierà il blocco Val Shatskij, nel mar Nero, e i giacimenti di Fedynskij e Zentralno-Barentsevskij nel mar di Barents, non lontano dalle acque norvegesi. «È un mare che conosciamo bene», dice Scaroni. La compagnia italiana avrà una quota del 33,3% nella joint venture, Rosneft rimarrà titolare delle licenze. In totale, le riserve recuperabili complessive stimate sono pari a 36 miliardi di barili di olio equivalente.

Elemento chiave dell'alleanza è lo scambio di tecnologie e di personale, con la forte esperienza di Eni che negli anni scorsi ha fatto importanti scoperte nell'offshore norvegese. E come sottolinea Rosneft, «il fattore chiave che ha spinto le due compagnie verso l'intesa sono i passi compiuti dal Governo russo per introdurre incentivi fiscali alla produzione offshore». Se il mar di Barents è promettente, l'amministratore delegato di Eni lascia aperta ogni possibilità sul mar Nero, dove «nessuno ha ancora fatto scoperte grosse». Se le ricerche daranno esito positivo il costo dell'esplorazione sarà diviso proporzionalmente tra i partner, in caso contrario – dice Scaroni - «saranno soldi perduti. Ma è troppo presto per dire cosa succederà».


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