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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2012 alle ore 22:26.

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Valter Lavitola, ex direttore dell'Avanti - accusato di associazione per delinquere legata ai fondi per l'editoria e corruzione internazionale, con riferimento a tangenti che sarebbero state incassate dal presidente di Panama, Ricardo Martinelli - nell'interrogatorio del 18 aprile ha spiegato ai magistrati il perché della richiesta di cinque milioni di euro che avrebbe voluto fare all'ex premier Silvio Berlusconi, sostenendo che non era sua intenzione ricattarlo («se avessi avuto la possibilità o la volontà di ricattarlo, lo avrei fatto per avere un incarico politico... ho sempre avuto il sogno di fare il parlamentare»). Lavitola, che si autodefinisce «consigliere politico di Silvio Berlusconi», racconta di aver avuto intenzione di chiedere quei soldi in previsione del suo arresto.

«Volevo fare una scorta finanziaria che mi fosse sufficiente a poter chiudere questi contratti...», contratti nel settore della pesca in Sud America. Lavitola nega che quei soldi fossero in cambio del suo silenzio, e fa riferimento a un «debito di riconoscenza» in relazione alla latitanza sul caso Tarantini e alla chiusura del giornale l'Avanti. «Mi sarei aspettato in tutta onestà - dice ai pm - che Berlusconi si fosse fatto vivo lui, tramite terze persone per dire "cosa vuoi?"».

Lavitola ha voluto mettere fine alla sua latitanza, sette lunghi mesi trascorsi tra Panama e Argentina, manifestando l'intenzione di collaborare con gli inquirenti che ora sono chiamati a valutare il peso che le sue dichiarazioni avranno sugli sviluppi di tante indagini. Sette ore, il 18 aprile, scorso nel carcere di Poggioreale (che rispetto alle carceri di Panama, uno degli "affari" di cui si è interessato, «è un hotel a cinque stelle»): tanto è durato l'interrogatorio di garanzia, davanti al gip Dario Gallo e alla presenza dei pm Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock e del difensore, l'avvocato Gaetano Balice.

Confermate le dichiarazioni della sorella
Conferma le dichiarazioni che sua sorella ha reso ai pubblici ministeri, si complimenta con i magistrati per il fatto di essere riusciti ad ottenere le informazioni, ammette che «è stata la cosa che a me ha fatto più male» e conferma: «Mia sorella ha detto tutte cose reali». Lavitola, nell'interrogatorio del 18 aprile, nega, però, di aver avuto la possibilità di ricevere in anticipo informazioni sulle attività della Procura, chiarendo che quando fu perquisita la cassetta di sicurezza questa non era stata svuotata e furono trovati soldi e altro materiale.

«Il problema di De Gregorio? L'usura. Tarantini? Pusillanime»
Il «problema» del senatore Sergio De Gregorio (per il quale è stata chiesta la custodia ai domiciliari nel quadro dell'inchiesta sui fondi per l'editoria) «è uno» ed è «l'usura: De Gregorio si è fatto prestare soldi credo da tutti gli usurai della Campania. Io non so quante centinaia di migliaia di euro ha pagato in usura». Così Valter Lavitola risponde nell'interrogatorio di garanzia quando il gip di Napoli gli chiede di spiegare il perchè parte delle somme ottenute dall'International Press (la società editrice de L'Avanti, ndr) come contributo pubblico per l'editoria, siano finite al senatore o a persone a lui riconducibili, o comunque in conti all'estero. Quanto a «Gianpaolo Tarantini è un viagliacco, anzi un pusillanime», ha detto Lavitola, riferendosi all'imprenditore accusato di procurare escort all'ex premier Silvio Berlusconi.

Bari, chiesto il rinvio a giudizio per Tarantini e Began
La procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio per 8 persone nell'inchiesta sulle escort che Gianpaolo Tarantini ha portato in 21 occasioni, tra il 2008 e il 2009, nelle residenze dell'allora premier Berlusconi. Tra gli imputati i fratelli Gianpaolo e Claudio Tarantini e Sabina Began, ribattezzata "l'ape regina".

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