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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2012 alle ore 06:42.

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PESARO. Dal nostro inviato
In questi giorni – e con questo clima sociale – ci vuole una certa dose di coraggio per difendere in una piazza il ruolo della politica e dei partiti. È quello che non è mancato a Giorgio Napolitano quando ieri, da Pesaro, nelle celebrazioni per il 25 aprile ha messo i suoi punti fermi, che sono poi quelli della nostra storia nazionale, sul tema – diventato scabroso – della vita dei partiti. E questi punti sono essenzialmente tre: l'anti-politica può generare solo «demagoghi di turno»; c'è bisogno della politica e dei partiti come «impegno inderogabile»; infine, che le forze politiche devono «estirpare il marcio» e riformare legge elettorale e il finanziamento pubblico. Ecco, su questi grandi principi si è mosso il capo dello Stato che ha avuto attenzione e silenzio mentre difendeva i partiti e molti applausi, liberatori, quando ha attaccato il «marcio» e una classe politica di «nominati». Ma ha mandato un altro importante messaggio alla maggioranza di Mario Monti: la legislatura dovrà arrivare alla «scadenza naturale del 2013», dunque nessuna tentazione di voto anticipato.
In un clima come quello attuale, in cui la pesante crisi economica si salda alla delegittimazione dei partiti, il presidente della Repubblica ha tentato di "raffreddare" la tentazione di mescolare tutto in una miscela potenzialmente distruttiva per il Paese. E ha messo a fuoco, attraverso il ricordo del passato, il ruolo che appartiene – e deve continuare ad appartenere – ai partiti obbligati a un'opera di «rigenerazione». Dunque, l'invito ai cittadini è di accogliere il tentativo di riforma dei partiti e non «scagliarsi contro con sfiducia preconcetta e aggressiva». E in questo ring sempre meno virtuale, che li vede contro i partiti, chiede però alle forze politiche di fare in fretta la loro parte «per non dare fiato al demagogo di turno».
In molti hanno pensato a Beppe Grillo, al suo movimento che cavalca l'antipolitica e che naviga, secondo i principali istituti di sondaggio, dal 5 a oltre il 7 per cento. Naturalmente nessun riferimento all'attualità è arrivato da Napolitano che ha solo ricordato il passato. «La campagna contro i partiti, tutti in blocco, cominciò prestissimo dopo che essi rinacquero con la caduta del fascismo: e il demagogo di turno fu allora il fondatore del movimento dell'Uomo Qualunque, un movimento che divenne naturalmente anch'esso un partito e poi, in breve tempo, sparì senza lasciare alcuna traccia positiva per la politica e per il Paese». Insomma, fuochi di paglia, legati a un malessere che necessita di altre cure e di più solidi interlocutori. «Nulla ha potuto e può sostituire il ruolo dei partiti nel rapporto con le istituzioni democratiche».
Il punto davvero critico è questo lassismo della classe politica che indugia ancora mentre le riforme, incalza il capo dello Stato, sono «urgenti e indilazionabili». È il momento storico che le impone a cominciare da nuove regole di «trasparenza per i partiti compresi nuovi criteri, limiti e controlli per il loro finanziamento». E poi c'è la legge elettorale che «deve restituire al cittadino la facoltà di eleggere e non di votare i nominati dai partiti». L'applauso di piazza del Popolo a Pesaro diventa scrosciante a dimostrazione di quanta rabbia sia sparsa ovunque e venga fuori anche in una circostanza ufficiale come quella di ieri. Ma non è solo quella che preme alle porte dei partiti, secondo Napolitano «oggi si sono create le condizioni per fare le riforme: sono cadute non solo vecchie contrapposizioni ideologiche, ma anche forme di sorda incomunicabilità ed è dunque possibile concordare in Parlamento soluzioni divenute indilazionabili».
Questo è il compito che aspetta i partiti, ma la loro eliminazione in quanto tali è una strada senza sbocco. «Rifiutare i partiti dove mai può portare? Oggi sono un bersaglio come fossero fattore inquinante di tutta la mala politica che c'è nel Paese, invece sono corpo vivo della cosa pubblica». Ed è qui che arriva il ricordo della Resistenza, utile per «non prendere abbagli» e per trarre esempio da giovani uomini come Giacomo Ulivi che fu fucilato a 19 anni nella piazza di Modena nel novembre 1944. «Il suo messaggio non fu vano perché in molti, sull'onda della Liberazione, si avvicinarono alla politica, non considerandola qualcosa di sporco ma vedendo la cosa pubblica come affare di tutti». Adesso, poi, alla politica spetta di guidare il Paese nella crisi e questo impone a Pdl, come a Pd e a Udc, di evitare un voto anticipato. «La politica, i partiti, debbono cercare e concretizzare risposte ai problemi più acuti confrontandosi col governo fino alla conclusione naturale della legislatura». Quanto agli italiani, Napolitano è certo: «Non si abbandoneranno al pessimismo, troveranno in se stessi le menti e le risorse necessarie per garantire il futuro del Paese».
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