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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2012 alle ore 14:19.

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Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda con il presidente del Consiglio, Mario Monti (Ansa)Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda con il presidente del Consiglio, Mario Monti (Ansa)

di Dino Pesole
Un'operazione in più tappe, che passi attraverso l'individuazione di tagli per 4 miliardi entro l'estate così da evitare l'aumento dell'Iva previsto dal prossimo 1° ottobre, e che conduca nel medio periodo a una «profonda rivisitazione» dei meccanismi che presiedono alla spesa pubblica nel nostro Paese. Con effetti che si spalmeranno nel corso degli anni, aprendo dalla primavera del 2013 gli spazi per un primo taglio delle tasse, da finanziare in parte con i risultati della «spending review», in parte con i proventi della lotta all'evasione.

Da lunedì parte ufficialmente nel Governo l'operazione spesa pubblica. Il dossier che il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, presenterà nel pomeriggio al Consiglio dei ministri è la base di partenza verso quella che si annuncia come la partita forse più impegnativa per l'esecutivo presieduto da Mario Monti. Accusato da più parti di aver imposto al Paese una cura da cavallo che porterà all'aumento record della pressione fiscale (45,4% nel 2013), proprio nel momento in cui si è aperto in Europa un varco in direzione delle politiche attive per la crescita, il presidente del Consiglio intende lanciare domani un messaggio preciso: la «spending review» è una sorta di nuova frontiera del Governo "tecnico", una sfida ad altissima intensità politica da giocarsi nel periodo che resta fino alla fine della legislatura, con questi passaggi. Lunedì, ascoltata la relazione di Giarda (si annuncia un Consiglio dei ministri piuttosto vivace) si procederà al probabile insediamento di quella «task force» chiesta dallo stesso Giarda per sostenere la sua analisi sullo stato dell'arte e sulle "criticità" emerse nella sua ricognizione preliminare.

Le due fasi successive potrebbero avere come primo step l'individuazione di un primo pacchetto di tagli da 4 miliardi da definire entro l'estate. Consentirebbero di sostituire l'identico importo che le manovre del 2011 assegnano all'aumento di due punti delle aliquote Iva del 10 e 21 per cento. Importi già iscritti in bilancio, parte determinante della correzione dei conti che consentirà di raggiungere nel 2013 il «quasi pareggio», vale a dire un deficit pari allo 0,5% del Pil, in linea con uno dei precetti cardine della nuova disciplina di bilancio europea.

L'altro step è individuato nella prossima legge di stabilità, la ex Finanziaria, che andrà presentata in Parlamento entro metà ottobre. Quella sarebbe la sede per impostare un percorso organico e a regime di riduzione della spesa pubblica, con individuazione di settori e relative quantificazioni di risparmi. L'ambizione è sostituire integralmente con tagli alla spesa l'intera manovra sull'Iva: vale a dire 16 miliardi nel triennio.
Giarda è al lavoro nel suo ufficio a Palazzo Chigi e lo sarà per l'intero fine settimana. Al di là della sua relazione preliminare, il passaggio è stretto ed è tutto politico: l'eterogenea maggioranza che sostiene il Governo, per di più nell'anno che precede le elezioni, sosterrà un'operazione così ampia e ambiziosa? Se si guarda alla sola spending review, l'aspettativa è destinata a svanire rapidamente. Ridisegnare il perimetro degli oneri di funzionamento delle amministrazioni pubbliche è operazione da inizio legislatura, non può esaurirsi in poco meno di un anno. Ecco perché si ragiona a una sorta di spending review rafforzata, che coinvolga prima di tutto le amministrazioni centrali, con l'ausilio di organismi indipendenti e del Parlamento. Se si considera che magna pars della spesa pubblica è rappresentata da stipendi e prestazioni sociali, la razionalizzazione non può che coinvolgere quell'enorme massa di risorse che gravita attorno agli acquisti per «consumi intermedi» (poco più di 136 miliardi) e le altre uscite correnti (61 miliardi), fermo restando l'obiettivo dell'invarianza della spesa nel prossimo triennio in termini nominali al netto degli interessi, che servirà a garantire gli obiettivi di deficit confermati dal Governo nel Documento di economia e finanza.

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