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Questo articolo è stato pubblicato il 01 maggio 2012 alle ore 16:24.

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Non è bella come mamma sceicca Mozah e si muove con più discrezione del papà, l'emiro del Qatar Hamad Al Thani che in poco tempo ha comprato gli hotel della Costa Smeralda, fra cui quello del film di James Bond La spia che mi amava, la Porsche, Harrods, Tiffany e pezzi di Francia (la multinazionale Veolia, il gruppo editoriale Lagardere, gli hotel Le Royal Monceau, la squadra di calcio Paris Saint Germain); forse presto anche d'Italia.

Eppure Sua Altezza Mayassa Al Thani, 29 anni, è sempre più distinguibile in mezzo a quella nidiata di fratelli, gioielli, veli e turbanti che è la famiglia reale di Doha. È lei la donna più potente nel mondo dell'arte, sostiene l'Economist, la trentenne che ha comprato «I giocatori di carte» di Paul Cézanne per 250 milioni di dollari e il 2 maggio da Sotheby a New York potrebbe aggiudicarsi una delle quattro versioni dell'Urlo di Edvard Munch, quadro simbolo dell'inquietudine europea all'alba del '900, più suggestivo dei capolavori di Mark Rothko e Damien Hirst già volati nel Regno per 70 e 20 milioni di dollari a far compagnia alle tele di Francis Bacon ed Andy Warhol. Venti giorni fa L'Urlo era la copertina del supplemento culturale del Financial Times, la sera del 2 maggio partirà da una base di 80 milioni di dollari e secondo i report di The Art Newspaper potrebbe battere ogni record di opera battuta all'asta.

Autrice del colpo, sussurrano gli addetti ai lavori citati fra gli altri da Newsweek, sarebbe proprio Mayassa, sguardo timido, look meno imperiale e più minimal della mamma (l'hanno vista pure con un bracciale da 82 dollari), tradizionale abaya nera che alterna a occidentali chignon, mente del Qatar Museums Authority e dunque del Museum of Islamic Art di Doha che a febbraio ha ospitato la prima mostra in Medio Oriente di Takashi Murakami. Quella sera al museo, diretto da un'altra donna, Aisha Al Khater, 32 anni, l'artista giapponese era circondato da più di 200 compratori fra cui Larry Gagosian delle omonime gallerie newyorkesi, uno dei mercanti d'arte più ammirati al mondo amico della mecenate più corteggiata del momento.

Mayassa dice di essere cresciuta maschiaccio e competitiva perché ha avuto due fratelli maggiori. Studia al Cairo, poi alla Duke University nel North Carolina, conclude alla Columbia University. Torna a casa, si sposa, prosegue la tradizione di famiglia: cinquanta anni di acquisti nel mondo dell'arte dettati in passato dall'amore per il bello oggi dalla consapevolezza che il petrolio finirà e bisognerà presto convertirsi in un'economia della conoscenza. Investire nella cultura, anche fuori dal Regno: è sempre Mayassa che decide di finanziare la recente retrospettiva di Damien Hirst alla Tate Modern di Londra spiegando che le opere d'arte, anche quelle controverse, «sbloccano la comunicazione fra nazioni e popoli».

L'operazione Occidente si completerà nel 2022 quando il Regno ospiterà i mondiali di calcio. Intanto l'anno scorso il Qatar registra la crescita economica più sostenuta, il più alto reddito pro capite al mondo e batte ogni record nell'export di petrolio e gas naturale: se i prezzi di questi due tesori aumentassero ancora il piccolo stato guadagnerebbe 100 miliardi di dollari solo nel 2012. Nel 2011, anno del boom economico, l'emiro, 60 anni portati non bene, ha finanziato i ribelli della primavera araba in Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, due settimane fa ha esortato gli occidentali in Afghanistan a trattare con i talebani; si è schierato contro il regime del siriano Assad. Uno dei suoi tanti cugini, il quasi omonimo sceicco Ahmed bin Jassim Al Thani, è l'amministratore delegato di Al Jazeera, network con sede a Doha che ospita l'omonimo Filmfest dove due settimane fa ha vinto il film «1/2 Revolution» sulla rivoluzione a metà del Cairo e il documentario «Mashti Esmaeil» sulla vita quotidiana di un agricoltore iraniano. Due titoli perfetti per una rassegna di nicchia europea.

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