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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2012 alle ore 16:37.

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Una manciata di secondi di follia pura, poi il triste epilogo, che finisce immortalato sulle pagine di tutti i giornali del mondo. Delio Rossi ha preso a calci la sua carriera nella reazione scomposta a un suo giocatore in un finale di stagione caldissimo. L'agente di Adem Ljajic, il calciatore serbo che è stato oggetto ieri sera delle "attenzioni" del tecnico della Fiorentina, ha già fatto sapere che depositerà in procura una denuncia a carico dell'allenatore-boxer. Per Rossi, licenziamento in tronco immediato e un futuro che non promette bene, compromesso da un gesto che poco o nulla ha a che vedere con i valori fondanti dello sport.

Il fatto avvenuto ieri sera a Firenze è di una gravità non comune. L'unico precedente che la storia del pallone di casa nostra ricordi risale alla stagione 1983-84. Campionato di serie B, in campo Pescara e Como, chi vince mette un piede nella categoria superiore. Con il Pescara avanti per 2 a 0, la gara viene fermata a causa di una reazione piuttosto veemente del centravanti della squadra abruzzese Vittorio Cozzella, che poco prima aveva ricevuto una testata da un avversario. Il guardalinee osserva la scena e fa sapere all'arbitro la sua versione dei fatti. Cozzella viene espulso e prende la strada della panchina, evidentemente non troppo convinto della scelta del direttore di gara. Lo raggiunge a metà strada il suo tecnico, Tom Rosati, che gli consegna uno schiaffo che non passa inosservato. Cozzella reagisce e ne nasce un parapiglia che dura qualche minuto. Secondo quanto riportano le cronache di allora, il caso viene chiarito negli spogliatoi, stretta di mano tra i due e pace fatta. «Quello schiaffo mi aiutò a crescere», ha detto Cozzella qualche ora fa, interpellato dalla stampa per dire la sua sul caso del giorno.

Tuttavia, di fatti al limite del codice penale su un campo di calcio ce ne sono stati almeno altri quattro negli ultimi anni. E tutti hanno riguardato allenatori alle prese con la tensione di un momento particolarmente difficile. Nell'agosto scorso, Paolo Di Canio, manager dello Swindon Town (club inglese della Football League Two), al termine della gara che elimina la sua squadra dalla Carling Cup, aspetta il suo centravanti Leon Clarke all'ingresso degli spogliatoi e poi lo tira per la maglia, spingendolo nel tunnel che porta alle docce. Spintoni, manate e parole grosse, tra i due si accende un confronto che viene risolto soltanto dall'intervento dello steward dello stadio.

Un anno prima, nell'agosto del 2010, sempre in Inghilterra, Roberto Mancini, numero uno del Manchester City, e David Moyes, tecnico dell'Everton, sono venuti a contatto quando quest'ultimo ha raccolto un pallone finito dalle sue parti. Mancini è intervenuto per strapparglielo e per evitare di perdere tempo. Anche qui, solito copione. Parole al fulmicotone e qualche spintone. Quindi, la stretta di mano a mezzo stampa. Caso risolto con una bevuta.

E cosa dire del dito nell'occhio che Mourinho regalò a Tito Vilanova, allora secondo di Guardiola nel Barca dei miracoli? Supercoppa di Spagna 2011, i blaugrana battono i blancos 3 a 2 e lo Special One interviene in una rissa a bordo campo per un fallo commesso da Marcelo su Fabregas. Il caso si sgonfiò soltanto qualche settimana dopo. Mourinho, per la cronaca, non si scusò con il collega, che dalla scorsa settimana è diventato ufficialmente il nuovo tecnico del Barcellona per la stagione 2012-13.

Per chiudere il cerchio e tornare in Italia, andiamo indietro fino alla stagione 2003-04. Finale playoff di serie C1 tra Cesena e Lumezzane. Il tecnico dei romagnoli Fabrizio Castori aggredisce con calci e pugni, durante un'interruzione di gioco, il calciatore dei bresciani Pietro Strada. Squalificato per tre anni dal giudice sportivo, viene rinviato a giudizio per "lesioni volontarie e rissa". Quando si parla di lui, ancora oggi, si fa talvolta riferimento a quel fatto. Possibile, anzi, probabile che lo stesso destino spetti nelle prossime stagioni a Delio Rossi.

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