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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2012 alle ore 10:52.

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Sono passati più di tre mesi dal naufragio della Costa Concordia, ma l'impatto di quel drammatico evento sull'isola non si è attenuato. La sagoma della nave adagiata sugli scogli, davanti al porto, è una presenza che incombe e riporta alla mente la notte del 13 gennaio, quando morirono 32 persone (due tuttora disperse) e più di 4mila furono salvate, in una sequenza di errori incomprensibili e comportamenti vigliacchi (su cui indaga la magistratura), gesti di eroismo e di generosità.

A polarizzare la vita del Giglio, oggi, sono ancora gli uomini della Protezione civile, dei Vigili del fuoco e soprattutto della Smit-Neri, il raggruppamento d'imprese italo-olandese che, dopo aver messo in sicurezza il relitto e svuotato i serbatoi del carburante, si prepara a lasciare il campo ai tecnici e agli operai (un centinaio) dell'americana Titan Salvage e della Micoperi di Ravenna, vincitori della gara da 250 milioni di dollari per rimuovere e smantellare la Concordia.

Per i 1.500 gigliesi nulla è più come prima. A cominciare dal business del turismo, che rappresenta l'unica risorsa dell'isola. Il 90% dell'economia locale, circa 50 milioni di euro nel 2011, ruota intorno alle 13 strutture alberghiere, con 600 posti letto complessivi, alle sette agenzie immobiliari e alle centinaia di case private, che nei mesi di luglio e agosto registrano 10mila presenze giornaliere, 240mila nell'intera stagione.

«Quest'anno, contrariamente al solito, il mercato delle prenotazioni è rimasto fermo fino a Pasqua», racconta Gertraud Lang Schildberger, titolare austriaca dell'Immobiliare Brandaglia, che vive e lavora sull'isola da quasi mezzo secolo. «Qualcosa si è mosso soltanto dopo che tutto il carburante della Concordia è stato recuperato», aggiunge.

La paura dell'inquinamento, in aggiunta alla crisi economica, ha frenato il mercato anche all'Argentario (3,8 milioni di presenze all'anno): le prenotazioni, abitualmenete di questi tempi intorno al 25%, sono scese al 18% lungo la Costa d'Argento, al 22% nell'isola. «Il bilancio della stagione si farà a ottobre; quello dei danni provocati dal naufragio, quando tutto sarà finito – dice Sergio Ortelli, 55 anni, sindaco Pdl del Giglio –. Adesso, con ancora due corpi da ritrovare, non sarebbe giusto e non vogliamo parlare di indennizzi, ma verrà il momento di aprire un tavolo con Costa Crociere per affrontare il tema delle compensazioni».

Qualcuno, al Giglio, ha proposto di lasciare la Concordia dov'è. Oppure di affondarla lì, davanti all'isola, facendola diventare un'attrazione internazionale. «Una volta bonificata – ha scritto sul web il commercialista Andrea Padelletti – oltre che un simbolo sarebbe anche un enorme affare, come la Pietra Nera della Mecca e la Torre Eiffel». E c'è chi appoggia l'idea: «A Malta comprano i relitti e li buttano a fondo per sviluppare il turismo subacqueo, perchè non pensare di cogliere un'opportunità di questo tipo?», commenta Luigi Brizzi, operatore immobiliare.

Ma il sindaco boccia l'idea. «Escludo ogni forma di sfruttamento commerciale del naufragio», sottolinea Ortelli. «Il Giglio rischierebbe di esserne stravolto – continua – e invece l'isola deve restare legata alla sua natura e ai suoi ritmi». Opinione condivisa dalla maggioranza degli abitanti e degli operatori economici, che temono l'arrivo di un flusso di visitatori "mordi e fuggi", attirati dalla spettacolarità della nave incagliata: fenomeno già evidente e potenzialmente pericoloso per il turismo stanziale, di chi ha la casa o l'affitta per passare una vacanza tranquilla.
«La Concordia deve andarsene il prima possibile - taglia corto il sindaco - e le operazioni di rimozione dovranno avere il minimo impatto sulla prossima stagione estiva, oltre a portare una ricaduta all'indotto locale nei mesi invernali».

Anche il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, chiede che il business legato allo spostamento e alla demolizione della Concordia resti sul territorio. «Le basi per svolgere le due fasi potrebbero essere individuate a Piombino e Livorno», suggerisce.

Rossi propone poi la realizzazione di un parco marino all'interno del cosiddetto Santuario dei Cetacei, nel tratto di Tirreno tra Corsica, Liguria, Sardegna e Toscana, per tutelare l'ambiente e stabilire limiti di sicurezza alla navigazione. Ma Ortelli mette le mani avanti: «I parchi sono un freno allo sviluppo», dice.

Quella del sindaco del Giglio, sotto la cui amministrazione si trova anche l'isola di Giannutri, è una battaglia politica. «Il Parco nazionale dell'arcipelago toscano, che esiste da vent'anni, non ha aiutato la crescita economica e neppure ha garantito la sicurezza dell'ambiente, come s'è visto - sottolinea -. Servirebbero normative meno vessatorie e un coinvolgimento maggiore delle comunità locali, le uniche in grado di comprendere le esigenze e attuare una tutela vera del territorio».

Il confronto è aperto. E la tragedia della Concordia, forse, contribuirà alla ricerca di regole più efficaci e condivise. Sia per la navigazione che a terra, dove il Parco dell'arcipelago vincola molte aree (a Giannutri come al Giglio) e intere isole (Montecristo, Pianosa). «Non rifiutiamo gli effetti positivi del marketing internazionale ricevuto, se ci saranno, ma rivendichiamo la scelta di restare ciò che siamo, possibilmente migliorandoci», spiega Ortelli, che respinge anche l'idea di un nuovo porto turistico.

Col tempo, il naufragio non potrà certo scomparire dalla memoria collettiva degli abitanti del Giglio. Ma solo quello deve restare.

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