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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2012 alle ore 22:38.

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In vista delle elezioni parlamentari, presidenziali e municipali che si tengono domenica in Serbia, con i seggi aperti anche in Kosovo, il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha rivolto un appello alla «moderazione» a «tutti i leader e alle comunità». «In questo periodo critico è importante evitare qualunque azione unilaterale che possa provocare tensioni», ha aggiunto Rasmussen, invitando sia Belgrado che Pristina a «continuare a cooperare con la comunità internazionale per assicurare una votazione pacifica». Secondo l'Osce, Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, gli elettori serbi del Kosovo che hanno diritto di recarsi alle urne sono 110mila e potranno votare nei 90 seggi allestiti in 28 località.

Belgrado non riconosce l'indipendenza del Kosovo, sua provincia autoproclamatasi indipendente nel 2008, e mantiene nel nord a maggioranza serba proprie strutture amministrative che domenica apriranno i seggi per le elezioni presidenziali e parlamentari rinunciando al voto amministrativo dopo il rifiuto della missione dell'Onu in Kosovo (Unmik) di collaborare all'allestimento della consultazione.

Le autorità albanesi di Pristina avevano annunciato che useranno ogni mezzo per impedire il voto serbo in Kosovo. Il ministro per la sicurezza del Kosovo, Agim Ceku, non ha escluso l'uso della forza per risolvere la crisi nel nord mentre Goran Bogdanovic, il ministro serbo per il Kosovo, ha accusato Pristina di avere un piano per mettere in atto azioni di forza come quelle che portarono alla violenta insurrezione albanese del 17 marzo 2004: in quell'occasione 19 persone rimasero uccise, altre mille ferite, mentre la comunità serba subì la distruzione o il grave danneggiamento di 800 case e 35 chiese e monasteri. A migliaia furono costretti a lasciare le loro case. Oggi la loro presenza è concentrata nel nord, intorno a Kosovska Mitrovica dove negli ultimi tempi sono aumentate le tensioni interetniche con diversi incidenti, il più grave dei quali ha visto la morte di un kosovaro albanese ucciso dall'esplosione di una bomba posta davanti alla sua abitazione.

A smorzare i toni ha provveduto ieri il successo della mediazione dell'Osce,che è coinvolta nel processo elettorale e di monitoraggio dei seggi con uno staff di 500 persone.

A differenza del marzo 2004, quando i militari della Nato furono colti di sorpresa dagli assalti degli albanesi, questa volta la comunità internazionale cerca di prevenire eventuali le violenze schierando forze considerevoli:a missione civile europea che dispone di circa tremila fra poliziotti, doganieri, funzionari e giudici ha rafforzato la sua presenza nel nord del Kosovo insieme alla K-for, la Forza Nato che entrò in Kosovo nel 1999 con 60 mila militari e oggi ne mantiene 6 mila nella provincia serba proclamatasi indipendente, con compiti di deterrenza.

La crescente attenzione della Nato per la crisi kosovara è ben rappresentata dal paradosso di un'Alleanza che ha iniziato il ritiro dall'Afghanistan ma sta rafforzando i contingenti dislocati nell'area balcanica. I tedeschi (che hanno il comando della Kfor guidata dal generale Erhard Drews Stimmler) stanno inviando un battaglione di rinforzo con 500 militari affiancati da una compagnia di 130 austriaci. Gli italiani invece sono già schierati come Operational Reserve Force del Comando Kfor con l'11esimo Reggimento Bersaglieri della brigata Ariete, comandato dal colonnello Alfonso Cornacchia.

L'invio dei 400 rinforzi italiani (che raddoppiano il contingente militare italiano schierato nel sud del Kosovo) era già stato pianificato l'anno scorso e ha comportato nel 2012 un incremento delle spese per il contingente dislocato nel Paese balcanico da 70 a 100 milioni di euro. L'area di responsabilità dei bersaglieri provenienti da Orcenico Superiore (Pordenone) va da Kosovska Mitrovica al confine amministrativo con la Serbia, un'area dove finora non hanno mai operato reparti dell'esercito italiano, ma solo carabinieri. I bersaglieri sono basati a Camp De Lattre, una base francese situata a Novo Selo che ospita circa 1.400 militari della Nato.

Il riaffiorare della crisi kosovara sta determinando frizioni anche tra Nato e Unione europea. Il 23 aprile il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, nel corso di un intervento all'Europarlamento, ha chiesto di rafforzare la missione Eulex che attualmente non dispone di risorse sufficienti per svolgere i suoi compiti. «Per parlare in tutta franchezza, sono molto preoccupato che l'operazione Ue non abbia abbastanza risorse, cosa che in termini pratici ha forti implicazioni per la Nato, perché la nostra operazione K-for ne sarà influenzata», ha avvertito il segretario dell'Alleanza Atlantica.

Questo implica, infatti, che la K-for «deve assumersi compiti e responsabilità che non erano previste, in particolare nel Nord». Di fatto Rasmussen rimprovera alla Ue di non aver schierato in Kosovo forze di polizia in grado di gestire autonomamente sommosse e disordini costringendo la Nato a impiegare per questi compiti contingenti militari ulteriormente rafforzati.

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