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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2012 alle ore 16:24.

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ATENE - Sotto la minaccia di nuovi tagli agli stipendi, oltre a quelli già subìti, per 11,5 miliardi di euro da trovare entro giugno per il biennio 2013-14 come da accordi con la Troika, i greci ma soprattutto i giovani, sono tentati dall'astensione stanchi e delusi da cinque anni di recessione, corruzione endemica, disoccupazione al 22,7% (quella giovanile al 50%), e di promesse politiche mai mantenute.

I principi e i programmi elettorali in Grecia, sembrano svanire, come i sogni, all'alba del giono dopo il voto. Lo hanno fatto clamorosamente da ultimo, i socialisti del Pasok di George Papandreou, che appena eletto con il 45% dei voti ha dovuto rivedere in tutta fretta, nel novembre 2009, la sua politica espansiva trasformandola in restrittiva, quando ha reso noto i termini "reali" del deficit pubblico che dal 3 era balzato al 15,6% del Pil.

Una trappola che i mercati temono possa scattare anche per Antonis Samaras, leader conservatore, oggi in vantaggio nei sondaggi, che promette di ridurre le tasse, togliere l'Imu sostituendola con un'imposizione meno pesante, ma che potrebbe doversi rimangiare la parola a breve. Soprattutto se non dovesse riuscire, come sembra, né ad ottenere la maggioranza da solo, né insieme al Pasok. Un'ipotesi di instabilità che porterebbe - secondo fonti autorevoli di Nea Dimokratia - Atene di nuovo al voto tra tre mesi.

A far perdere il sonno ai due maggiori partiti pro-austerity è il partito dell'astensione, che conta per la prima volta tra il 35-40% degli aventi diritto rendendo impossibile una stima dei risultati, e la sua variante, cioè gli astensionisti che all'ultimo momento potrebbero decidere di votare uno dei nuovi partiti anti-establishment sorti sia a destra che a sinistra e ribaltare i risultati rendendo ingovernabile il Paese. Tra questi, la formazione dei Greci indipendenti guidata da un economista di destra, Panos Kammenos («abbiamo salari bulgari e prezzi europei») e quello di Sinistra democratica dell'avvocato Fotis Kouvelis («basta sacrifici») che sono agli antipodi ma accomunati dal no alle misure di austerità. Alcune storie personali rendono meglio il quadro dell'incertezza che regna nel Paese. Anna fa la cameriera in un ristorante del centro a Kolonnaki, ma non andrà alle urne perché per votare deve tornare alla sua residenza anagrafica, nell'isola di Cefalonia, e il biglietto costa 200 euro, un terzo del suo salario mensile. «Faccio parte della generazione definita "600 euro" che presto diventerà 400 e così via - dice - non ho soldi da sprecare per il voto. E poi non saprei chi votare. Penso che i responsabili della crisi dovrebbero stare in galera».

All'Università Capodistriaca di Atene, Dipartimento di Lingua e letteratura italiana, ci sono studenti giovani e meno giovani. Georgios Bitsakos, 45 anni, ha due lauree, in storia e in letteratura, e lavora come responsabile relazioni pubbliche presso uno studio medico di Atene. «Per ora non ci è più permesso sognare. Ci hanno illuso di poter vivere al di sopra dei nostri mezzi con 1.200 euro al mese. Le banche ci hanno dato carte di credito e siamo diventati vittime e carnefici allo stesso tempo. Il sogno si è trasformato in incubo». Andrà al voto? «Sì, ma l'euro è già finito. Se saremo i primi ad uscire almeno avremo questo primato. Ma che cos'è l'Europa senza la Grecia o l'Italia?», conclude con sarcasmo rivolto ai tedeschi. Elena Voltiraki, 37 anni, ha una laurea in scienze del turismo e letteratura. «Lavoro nel settore del turismo, vengo da Creta e spero di trovare un'occupazione presso un museo o un ente pubblico. Molti giovani hanno deciso di emigrare ma se tutti vanno via – mi chiedo - chi aiuterà l'economia a risollevarsi?».

Anastasio Thanopoulos, 32 anni, archeologo e letterato, master in archeologia in Gran Bretagna, ha seguito alcuni lavori per la conservazione del patrimonio archeologico durante dei lavori di nuovi tracciati di linee elettriche con la Dei, la nostra Enel, per 5 mesi con contratto a termine. Ora fa il cuoco in un albergo del centro della capitale. «Volevo insegnare ma quando ci sarà il prossimo concorso lo stipendio di un insegnante di prima nomina sarà di 650 euro al mese, cifra con cui è impossibile vivere e pagare un affitto. Andrò a votare contro i due partiti, il Pasok e Nea Dimokratia, che si sono divisi il potere negli ultimi 30 anni». Casi isolati? Non proprio. Eleni Zouyra, 27 anni, studia recitazione e vuole fare l'attrice: intanto frequenta letteratura italiana. Ha cercato invano di lavorare ma senza successo. Le imprese hanno tagliato i budget pubblicitari e non si girano più nemmeno gli spot. «Se avessi 18 anni me ne andrei all'estero. Vorrei andare in Italia ma forse alla fine farò la hostess per la compagna aerea Emirates». «Sono di Zante, l'isola di Ugo Foscolo, per cui non so se andrò a votare, perché per farlo dovrei tornare a casa».

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