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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2012 alle ore 08:14.

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La protesta di piazza contro la giunta militare al potere torna a infiammare il Cairo, a meno di tre settimane dalle elezioni presidenziali, prima chance per l'Egitto di scegliere un leader dopo il rovesciamento di Hosni Mubarak 15 mesi fa.
Il primo bilancio ufficiale dei violenti scontri tra forze di sicurezza e manifestanti scoppiati ieri nel quartiere Abbasiya, vicino al ministero del Difesa, parlava di 128 feriti, 82 dei quali hanno dovuto ricorrere alle cure ospedaliere. Successivamente il ministero della Sanità ha comunicato la morte di un soldato, mentre emittenti locali hanno dato notizia dell'uccisione di due manifestanti. Al termine della giornata l'esercito ha imposto il coprifuoco nella zona circostante il ministero, dalle 23 alle 7.
Le violenze di ieri hanno un antefatto: la protesta organizzata mercoledì contro l'esclusione dalle elezioni presidenziali del candidato salafita, il raggruppamento islamico radicale affermatosi nelle scorse elezioni parlamentari. Una protesta finita nel sangue, con l'uccisione di venti manifestanti ad opera di assalitori non identificati. Da ieri mattina una folla di persone ha cominciato a radunarsi in Piazza Tahrir, simbolo della rivoluzione e della Primavera egiziana; c'erano ancora i salafiti, che protestavano per la mancata protezione ricevuta mercoledì, ma insieme a loro si è schierato un fronte ampio ed eterogeneo, che ha trasformato la protesta in una manifestazione contro i militari, a cominciare dal capo della giunta, Mohammed Hussein Tantawi, di cui sono state chieste a gran voce le dimissioni.
Molti egiziani vedono nell'esclusione di alcuni candidati a pochi giorni dalle elezioni, fissate per il 23 e il 24 maggio, la prova che i generali intendono manipolare il voto. Tanto più che tra gli esclusi ci sono proprio i candidati dei partiti islamici: non solo quello salafita, ma anche Khairat al-Shater, il front-runner dei Fratelli musulmani. A probabile vantaggio di personaggi dell'era Mubarak: l'ex ministro degli Esteri e segretario della Lega araba, Amr Moussa, o più ancora l'ex premier Ahmed Shafiq, escluso dalla competizione ma poi riammesso.
Dopo il raduno in piazza Tahrir, nel pomeriggio di ieri la folla si è diretta al ministero della Difesa, dove ha iniziato a lanciare pietre e ha cercato di tagliare la barriera di filo spinato eretta dai militari intorno all'edificio. Polizia e militari hanno reagito con cannoni ad acqua e lacrimogeni, lanciando a loro volta pietre contro i dimostranti e colpendoli con bastoni. La tv di Stato ha successivamente accusato dei disordini i Fratelli musulmani, sebbene il movimento avesse invitato i suoi sostenitori a tenersi alla larga dalle manifestazioni. In serata poi, dopo aver disposto l'arresto di 170 persone, il Consiglio supremo delle forze armate ha promesso che saranno presi provvedimenti contro i responsabili e ha invitato i cittadini a rispettare il coprifuoco: in caso contrario - è il monito - «l'esercito li affronterà con determinazione».
La tensione dunque resta molto alta. Verso piazza Abbasiya è stata segnalata una colonna di blindati e carri armati in marcia. L'area è stata anche sorvolata ininterrottamente per ore da elicotteri militari.
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