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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2012 alle ore 08:12.

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Immunizzare le piccole e medie imprese da un nuovo credit crunch. Questa volta dovuto più alle regole che ai mercati. In vista del voto in commissione Affari economici dell'Europarlamento (posticipato al 14 maggio) e mentre il Consiglio Ue si spacca sulle regole prudenziali di Basilea 3, Michel Barnier, commissario al Mercato interno, e il vicepresidente Antonio Tajani, responsabile Industria, hanno scritto al presidente della European banking authority, Andrea Enria, chiedendo di «essere messi al corrente dei primi risultati dell'analisi» che i due commissari avevano chiesto all'Eba l'estate scorsa.
La preoccupazione è che, proprio mentre la Commissione è impegnata a individuare misure per far ripartire l'economia reale, la nuova direttiva (Capital requirement directive) che recepisce le regole prudenziali di Basilea 3, produca «un effetto negativo sull'economia e in particolare sulle Pmi». Barnier e Tajani chiedono che la questione sia analizzata non solo da un punto di vista «micro-economico sulla probabilità di default delle Pmi», ma anche dal punto di vista macro, per verificare «l'esistenza o meno di un effetto sistemico del rischio Pmi». Il tono sembra suggerire che questo rischio per le piccole imprese sia pressoché inesistente.
La discussione è cruciale per banche e imprese. Con l'introduzione del capital conservation buffer, infatti, il requisito minimo patrimoniale per le banche salirebbe dall'8% al 10,5%, per tutti i portafogli, quindi anche per i prestiti alle Pmi. Il timore è che questo si traduca in una ulteriore riduzione dell'offerta di credito. Il problema tocca da vicino il mondo produttivo italiano, fatto per il 95% da Pmi ma riguarda anche altri Paesi. Proprio per questo nei mesi scorsi Confindustria, Alleanza delle Cooperative e Rete imprese Italia, insieme all'Abi, avevano proposto a Bruxelles un «Pmi supporting factor», un moltiplicatore pari a 0,7619 da applicare a valle del calcolo dei risk weighted assets (Rwa) nei prestiti alle piccole imprese, per compensare l'incremento del requisito patrimoniale minimo. Così da riportarlo all'attuale 8% per tutte le Pmi, a prescindere dal metodo di ponderazione del rischio (Standard o Irb) applicato da ciascuna banca.
Il parere dell'Eba è ritenuto particolarmente importante perché potrebbe agevolare l'introduzione nel regolamento della direttiva di alcuni correttivi tra cui il fattore di ponderazione proposto dalle imprese italiane che tiene conto del minor rischio sistemico dell'esposizione bancaria nei confronti delle Pmi. Proposta, va detto, che forse renderebbe la regolamentazione un po' meno sbilanciata sul modello anglosassone e che, nel frattempo, ha ottenuto anche il sostegno della Federazione bancaria europea e di Business Europe che raccoglie le associazioni degli imprenditori di 35 paesi.
«La vostra analisi e le vostre conclusioni - sottolinea la lettera dei due commissari all'Eba - si iscrivono nello sforzo senza precedenti in cui sono impegnate tutte le istituzioni europee per sostenere la crescita e per attivare tutte le leve che rendano possibile una rapida uscita dalla crisi».
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