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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2012 alle ore 21:21.

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Se tutti i voti di protesta finissero come alle presidenziali francesi, le cose sarebbero decisamente più facili in Europa. Purtroppo non è così e chi nei mesi scorsi ha avuto paura dell'ascesa di un socialista all'Eliseo, avrebbe fatto meglio a preoccuparsi di altre forze e tendenze populiste, anti-capitaliste e anti-europeiste.

La variabile più preoccupante emersa dalle elezioni del 6 maggio è infatti la Grecia: frammentata, polarizzata, con i due partiti storici - Pasok e Nea Dimokratia - che faranno fatica a trovare un minimo comun denominatore per governare. E con i neonazisti di Alba d'Oro che entrano in Parlamento e la sinistra radicale e anti-austerity di Syriza che contende il secondo posto ai socialisti.

Visto quello che è successo e potrebbe accadere ad Atene, il risultato francese deve essere valutato come rassicurante. Già in occasione del primo turno, il voto a favore di Hollande era stato interpretato soprattutto come un voto di sanzione contro Nicolas Sarkozy. Il carattere protestatario era stato inoltre evidenziato dalla spettacolare performance del Fronte Nazionale di Marine Le Pen.

Hollande, che non soffre di patologie estremiste essendo accademicamente formattato come la miglior classe dirigente francese (Hec, Sciences Po e l'Ena), può essere il giusto personaggio di compromesso tra quanti in Europa sostengono il primato del rigore e quanti - come lui - vogliono spostare il baricentro delle politiche economiche verso la crescita.

Perché l'austerità, come dimostra la Grecia e purtroppo sta dimostrando anche la Spagna, ha un costo sociale elevatissimo. Perché la stessa crisi economica, ormai al quinto anno, sta fiaccando il morale dei cittadini di altri Paesi europei, Italia inclusa. Se un socialista all'Eliseo serve anche a incanalare positivamente il tasso fisiologico di malcontento che attraversa la seconda economia della zona euro, allora il suo lavoro al fianco di Angela Merkel e Mario Monti potrebbe essere economicamente proficuo e socialmente utile.

Ci sono già troppi focolai di anti-politica e populismo in Europa, dentro e fuori l'Eurozona. La crisi del debito sovrano è un terreno fertile per gli estremismi, il modo in cui si è proceduto finora per uscirne lo è ancora di più. Dissodare questo terreno con qualche idea in più sulla crescita e sull'equità non peggiorerà sicuramente la situazione.

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