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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2012 alle ore 19:56.

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«Dalle prime proiezioni delle amministrative emerge una tendenza molto negativa per il Pdl». A spoglio iniziato da poche ore è lo stesso capogruppo azzurro in Senato, Maurizio Gasparri, a fare questo amaro bilancio per il partito di Silvio Berlusconi e Angelino Alfano. E in attesa di avere i dettagli del voto di lista questo è in effetti il primo dato che si può trarre dalle urne per il rinnovo di 26 comuni capoluogo di provincia e di quasi mille comuni sparsi in tutta Italia, con 9 milioni di elettori coinvolti: per il Pdl è una mezza disfatta. Mentre il Pd tiene e si avvantaggia delle difficoltà degli avversari-alleati.


Palermo, nella sua atipicità, fotografa bene la situazione. Al ballottaggio vanno il candidato sostenuto dal Pd dopo difficilissime primarie, Fabrizio Ferrandelli, e Leoluca Orlando dell'Idv. Solo che Orlando è al 48% e Ferrandelli al 17%. Ma anche qui, più che un problema a sinistra per il Pd che pure esiste, a colpire è la disfatta del Pdl che finora amministrava la città: il suo candidato, Vincenzo Costa, si ferma a poco più del 13% e il Pd diventa il primo partito in città sorpassando il Pdl. Una sconfitta anche personale per il siciliano segretario del partito, Alfano.

Un Pdl così mal messo non è un bene per il governo Monti. Fibrillazioni interne e distinguo rispetto alle politiche economiche dei tecnici, evidentemente non premiate dagli elettori di centro-destra, aumenteranno. E non è un bene neanche per il destino delle riforme, istituzionali e soprattutto elettorale. Non è un caso che le primissime voci critiche tra i pidiellini siano quelle di Gasparri e dell'ex ministro La Russa. Gli ex An sono contrarissimi al sistema proporzionale con correttivi maggioritari allo studio, il tedesco-spagnolo, e sono pronti a dare battaglia all'interno del partito per tornare alla vecchia alleanza con la Lega Nord e tenersi stretto il Porcellum. Pena il disfacimento del Pdl. E c'è da credere che Berlusconi tenderà bene le orecchie rispetto a queste preoccupazioni.

Quanto al Pd, se il Pdl perde di certo il partito di Bersani non vince. Semmai tiene. Vero è, come dice Massimo D'Alema, che alla fine di questa tornata elettorale il Pd governerà nella maggior parte dei comuni chiamati alle urne. Ma, per usare un'espressione "bersaniana", è una vittoria sulle macerie lasciate da altri. Ed è tutto da vedere se questa rendita di posizione sarà spendibile tra un anno alle elezioni politiche. Anche perché resta irrisolto il nodo delle alleanze: alle amministrative il Pd si è presentato quasi ovunque con Idv e Sel, due partiti all'opposizione del governo Monti. L'alleanza sarà ancora spendibile nel 2013, e potrà dare garanzie di governabilità?


Altro dato importante che esce dalle urne comunali è il boom del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo. Al ballottaggio con il candidato del Pd a Parma, dove raccoglie il 20,6% dei consensi subito dopo i democratici al 21,9%. Sfiorato il ballottaggio anche a Genova, la città natale del comico-blogger, dove la lista grillina è secondo partito con il 15,6% dei voti dietro al Pd fermo al 19,6%. Risultati considerevoli in molte città, tra cui la Verona del leghista Flavio Tosi, con il 9,3%. Il successo di Grillo, bel oltre le aspettative della vigilia, è un segnale ben preciso nei confronti del "Palazzo". E attenzione: non si tratta tanto di un segnale anti-politica quanto di un segnale anti-partiti. Unito all'aumento dell'astensione (l'affluenza è calata di ben 7 punti percentuali rispetto alla tornata di cinque anni fa: gli elettori non hanno superato il 68%) l'ottimo risultato grillino è dunque una sveglia potente nei confronti dei partiti "tradizionali" che sostengono il governo Monti. L'autoriforma – ossia taglio dei parlamentari, riforma del finanziamento pubblico ai partiti e legge elettorale – è l'unica medicina che A–B–C (Alfano, Bersani e Casini) hanno per rispondere alla sfida. Ma con questi risultati elettorali e con le fibrillazioni che ne seguiranno all'interno della "strana maggioranza" il rischio è appunto che, come avvenuto negli ultimi mesi, ancora una volta non se ne faccia nulla.

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