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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2012 alle ore 06:36.

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Messe tutte insieme, quest'anno le tasse sugli immobili possono superare i 55 miliardi di euro, per poi arrivare a 58 miliardi nel 2013. La misura esatta del prelievo dipenderà dalle scelte definitive sulle aliquote dell'Imu, ma la progressione è già tracciata dagli ultimi provvedimenti: dal decreto salva-Italia, che ha introdotto la nuova imposta municipale, fino al disegno di legge di riforma del lavoro, che aumenta l'Irpef sugli affitti dal prossimo 1° gennaio.
Il totale di 55 miliardi conteggia gli stessi tributi immobiliari che erano stati inseriti nel perimetro del federalismo fiscale: l'Ici, la Tarsu-Tia e le quote di Iva, Irpef, Ires, imposte di registro e ipocatastali riconducibili al mattone. Nel 2010, quando si pensava di finanziare più o meno integralmente i Comuni con le tasse applicate sugli immobili, il conto complessivo era di 42,6 miliardi. Quest'anno, invece, sarà più alto almeno del 25% – ma si potrebbe sfondare anche il 30% – e buona parte del gettito finirà allo Stato.
Gli ultimi rincari
Il totale delle tasse sul mattone è più elevato di quello calcolato dal Sole 24 Ore all'indomani del decreto salva-Italia, e questa differenza dipende da almeno tre novità intervenute negli ultimi mesi. Primo: i dati sulle entrate tributarie dimostrano che la cedolare secca si sta rivelando molto meno popolare del previsto, e questo riduce lo "sconto fiscale" che lo Stato è costretto a sostenere, anche se il dato va letto anche in negativo, come minori incassi dovuti all'emersione degli affitti in nero.
Secondo: per finanziare la riforma del lavoro, dal 2013 la deduzione forfettaria sugli affitti incassati dai privati è destinata a scendere dal 15 al 5%, di fatto aumentando il prelievo Irpef. La relazione tecnica stima 347,7 milioni di maggiori imposte, ma il dato è sicuramente sottostimato perché presuppone che tutti i proprietari di case affittate abbiano scelto la cedolare (e così non è).
Terzo: l'Imu è stata limata con la detrazione extra di 50 euro per ogni figlio che convive nella prima casa (sconto che costa 400 milioni all'erario), ma è anche scoppiata la polemica dei sindaci, che in molti casi saranno costretti ad applicare aliquote superiori a quella ordinaria dello 0,76 per cento. Per intenderci, se il livello medio dovesse essere dello 0,86%, il gettito sarebbe di almeno 2,5 miliardi superiore alle stime iniziali.
Il grafico riportato a sinistra tiene conto di questi nuovi elementi e ipotizza tre scenari: uno con l'Imu ordinaria allo 0,76%, uno con l'Imu media allo 0,86% e un altro senza l'incremento di due punti delle aliquote Iva del 10 e del 21% (incremento che per adesso è in calendario dal prossimo 1° ottobre, ma che il Governo cercherà di evitare attingendo altrove le risorse).
La pressione sul Pil
In concreto sono possibili anche altre soluzioni. Tanto per cominciare, Palazzo Chigi ha una wild card che consente al Governo di modificare le aliquote Imu fino al 10 dicembre. E in più si è detto disponibile a correggere la disciplina del l'Imu a partire dal 2013 per venire incontro alle richieste dei sindaci. Senza dimenticare, infine, che alcuni tributi come la nuova Res su rifiuti e servizi devono ancora diventare pienamente operativi. Di certo, in assenza di correzioni, i tributi immobiliari – non solo quelli patrimoniali in senso stretto – rosicchieranno nel 2012 tra il 3,3 e il 3,5% del prodotto interno lordo, avvicinandosi al 3,6% l'anno prossimo.
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Il precedente
Sul Sole 24 Ore del 12 dicembre scorso è stata pubblicata la prima misurazione della pressione fiscale sul mattone, rapportata al prodotto interno lordo. L'elaborazione era stata effettuata partendo dai dati ufficiali contenuti nelle relazioni tecniche ai decreti sul federalismo fiscale e alla manovra salva-Italia appena varata dal Governo Monti

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