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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2012 alle ore 06:38.

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BRUXELLES. Dal nostro corrispondente
In una tornata elettorale che ad alcuni è sembrata uno European Election Day, molti elettori in Grecia, in Francia e anche in Germania hanno denunciato la politica dell'austerità e rilanciato il dibattito sul modo in cui sostenere l'economia.
Dinanzi a una deriva politica segnata dall'emergere di partiti estremisti, la Commissione ha aperto la porta a maggiore flessibilità nel valutare l'evoluzione del deficit in Spagna, un paese nel quale una persona su quattro è disoccupata.
A preoccupare le autorità comunitarie è soprattutto l'esito del voto in Grecia. I due principali partiti, il Pasok e Nuova Democrazia, non sono riusciti insieme ad avere la maggioranza in parlamento. Il quotidiano Ta Nea ha parlato di «un incubo dell'ingovernabilità». Per la prima volta, il partito di impronta neo-nazista Alba Dorata siederà alla Camera con 21 deputati. Una maggioranza dei greci ha votato per partiti che non sostengono il programma economico firmato con la Troika.
Ieri la Commissione era imbarazzata. «È responsabilità delle forze politiche greche dare al paese un governo stabile - ha detto la portavoce dell'esecutivo comunitario Pia Ahrenkilde-Hansen -. La Commissione spera e si aspetta che il prossimo esecutivo rispetti gli impegni presi dal precedente governo». Riferendosi agli aiuti finanziari dell'Unione, Amadeu Altafaj, il portavoce del commissario agli affari monetari Olli Rehn, ha avvertito: «La solidarietà è una strada a due sensi».
Il timore è che il paese, in gravissima crisi economica, decida l'impensabile: vale a dire l'uscita dall'unione monetaria, provocando un effetto a catena nell'intera zona euro.
In questo contesto si discute sempre più animatamente di un riorientamento della politica economica europea. Non si tratta di abbandonare l'austerità dei conti pubblici, ma di associarvi una maggiore attenzione al rilancio dell'economia. Il nuovo presidente francese ha fatto campagna elettorale in questo senso.
La Commissione ha salutato proprio l'elezione di François Hollande in Francia con parole di apprezzamento. «Abbiamo chiaramente l'obiettivo comune di rilanciare l'economia europea e generare una crescita durevole che riposi su una base solida e crei nuovi posti di lavoro», ha detto il presidente dell'esecutivo comunitario José Manuel Barroso in un comunicato, mentre la stessa Commissione è disperatamente alla ricerca di un delicato equilibrio tra disciplina dei conti e sostegno della congiuntura.
Come non offrire in questo caso ai paesi economicamente e socialmente più deboli nuovi margini di manovra nel risanamento del debito? Commentando la drammatica situazione spagnola il portavoce Altafaj è stato chiaro ieri: «La Spagna si è impegnata su obiettivi di finanza pubblica (…) Ciò detto, l'analisi della Commissione tiene conto delle condizioni economiche». Già in un discorso sabato a Bruxelles Rehn aveva ricordato che il patto di stabilità «non è stupido».
Recenti riforme del patto prevedono atteggiamenti più accomodanti da parte delle autorità comunitarie dinanzi a «un evento inconsueto» o a «una grave recessione» (si veda Il Sole/24 Ore di domenica). Altafaj ha spiegato che le scelte della Commissione in questo ambito saranno più chiare venerdì quando lo stesso Rehn pubblicherà le nuove stime di crescita e di deficit per il 2012 e il 2013. La Spagna è in grave crisi: l'anno potrebbe chiudersi con una contrazione dell'1,7%.
Il governo Rajoy è riuscito in marzo a strappare una concessione dall'Ecofin: l'obiettivo di deficit per il 2012 è passato dal 4,4 % al 5,3 % del PIL. Troppo poco, anche perché il target per il 2013 è rimasto al 3,0% del PIL.
Interessante notare che la Francia si trova più o meno nella stessa situazione; l'unica differenza è che il tasso di disoccupazione francese non è ai livelli spagnoli. L'Italia, invece, ha l'obiettivo (ambizioso) di riportare il proprio bilancio in pareggio nel 2013.

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