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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2012 alle ore 22:46.

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Monti vede Rehn: pressing su BerlinoMonti vede Rehn: pressing su Berlino

di Dino Pesole
Investimenti pubblici «veri e genuini» per rilanciare l'economia europea e portarla fuori dalle secche della bassa crescita, cui l'ha relegata anche il monoteismo rigorista della Germania. Mario Monti prova a cavalcare il vento nuovo che, dopo l'affermazione di Francois Hollande, sembra spirare in Europa, e in un dibattito su crescita e riforme con il vice presidente della Commissione europea, Olli Rehn, traccia i punti dell'agenda italiana per lo sviluppo. Parla con lo sguardo rivolto soprattutto a Berlino, in previsione del vertice straordinario sulla crescita, convocato a Bruxelles il 23 maggio dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, e del successivo summit del 28 e 29 giugno. Nel mezzo le riunioni dell'Eurogruppo/Ecofin del 14 e 15 maggio, e del 21 e 22 giugno.

Non è più il tempo della ricognizione e dello studio. Ora è tempo di agire. Monti si augura che non sia necessario modificare i trattati (che equivarrebbe a tempi lunghi) e invita la Commissione europea a un ruolo «attivo di trascinamento» sul tema della crescita. Azioni coerenti con la disciplina di bilancio, come chiede Angela Merkel, e tuttavia immediate. Una sorta di «operazione trasparenza» che consenta agli Stati di far fronte ai propri debiti nei confronti delle imprese, senza pesare sui conti pubblici. Accanto al vecchio cavallo di battaglia, lo scorporo totale o parziale dal computo del deficit delle spese per investimenti produttivi (la «golden rule»), è questa la carta che da presentare in sede europea. Con quale esito è tutto da stabilire, ma importante è cominciare a giocare la partita. Monti si chiede se non sia il caso di rivedere le «convenzioni statistico-contabili del settore pubblico, per far emergere il debito di fornitura verso le imprese». Onorare tali impegni non dovrebbe provocare il «peggioramento delle condizioni di aderenza ai vincoli europei». Operazione da condurre in porto prima che il «Fiscal compact», una volta ottenuta la ratifica da parte degli Stati membri, entri effettivamente in vigore. Un lasso di tempo prezioso da sfruttare con cura e celerità, per restituire liquidità al sistema delle imprese ed espandere in tal modo la capacità produttività dell'intera eurozona.

La sponda della Commissione è sulla carta garantita. Rehn riconosce che in questa fase si può tentare di «aumentare il ruolo dell'investimento pubblico». Pensa soprattutto al potenziamento del ruolo e della capacità operativa della Bei, attraverso l'emissione di project bond, e riconosce fondata l'urgenza di un «processo di risanamento che possa favorire la crescita, attraverso riforme strutturali». Come quella all'esame del Parlamento sul mercato del lavoro che - spiega - «servirà ad eliminare rigidità al sistema», ed è in linea con le raccomandazioni dell'Unione europea. Elogi per la «risposta politica italiana» alla crisi, ed un invito esplicito a proseguire sulla strada del risanamento attraverso la spending review e la maggiore equità fiscale. «È importante avere un attivo primario nel 2013 e un bilancio in linea con il Fiscal compact», e l'aver introdotto il vincolo del pareggio in Costituzione.

Quanto allo specifico della proposta italiana sui debiti della Pa, il vice presidente della Commissione europea e commissario all'Industria, Antonio Tajani coglie «segnali positivi» da parte di Bruxelles. Ne ha parlato con Rehn prima della sua partenza per Roma: «Nell'ambito delle regole del Patto di stabilità e del Fiscal compact, vi siano elementi per poter risolvere in modo positivo la questione». Debiti che «ammontano a circa 80 miliardi e che, se pagati, potrebbero far schizzare il deficit».

L'Italia - ribadisce Monti - sta operando per il contenimento del disavanzo e del debito, ma se il contesto internazionale non crea domanda «il tutto rischia di diventare sterile». Agire sul denominatore dunque, sul Pil, ecco l'imperativo, con un approccio che Monti colloca nel mezzo tra chi punta a stimolare la domanda anche con disavanzo pubblico («il mondo anglosassone figlio di Keynes») e quanti («il mondo tedesco») vedono la crescita come prodotto «di comportamenti etici individuali e collettivi». Stare nel mezzo significa proporre investimenti e dunque una politica dell'offerta «che ampli la capacità produttiva per il futuro». Azioni che Monti definisce «virtuose». Vi rientrano gli eurobond che «sono più vicini, anche se non immediati».

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