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Questo articolo è stato pubblicato il 09 maggio 2012 alle ore 13:37.

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Per il partitone, che da sempre esercita una golden share sulla "rossa" Bologna, fu una bomba. Il calvario seguito al "Cinzia-gate" (gli allegri viaggi conditi da bancomat foraggiati da amici che avevano messo al tappeto il sindaco Flavio Delbono) era sotto gli occhi di tutti. Le parole estive scambiate fra il segretario del Pd locale Raffaele Donini e il segretario nazionale Pierluigi Bersani - colte dalle telecame del Corriere di Bologna durante il corteo del 2 agosto 2010 - non fecero che aggiungere disagio a disagio, con giudizi politici poco incoraggianti nei confronti di quelli che allora (l'attuale presidente della Fiera, Duccio Campagnoli e l'ex manager Granarolo Luciano Sita) erano indicati come i possibili candidati Pd alla poltrona di Palazzo d'Accursio.

Ma attorno a Maurizio Cevenini, il "Cev", quel personaggio così amato dai bolognesi, recordman di preferenze in Regione e – poi – anche alle successive elezioni comunali del 2011, sembrava essersi creata la giusta quadra in casa Pd. Fino a quel giorno di ottobre 2010, con l'attacco ischemico che lo portò al ricovero d'urgenza alla clinica Villalba prima e alla conferenza stampa di qualche giorno dopo, in cui lesse una lettera che aveva scritto per dare addio al "sogno di una vita".

Una lettera, come quella ritrovata oggi e come quella che lesse sul "crescentone" di Piazza Maggiore a Bologna, per annunciare ai suoi concittadini l'intenzione di candidarsi alle primarie del centrosinistra. Per il Pd bolognese (ed emiliano-romagnolo, se non nazionale) significava la fine di un incubo durato anche troppo. Il "Cinzia-gate" aveva significato l'onta del commissariamento, con l'arrivo in città, in qualità di commissario prefettizio, dell'attuale ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri.

Ora, con la candidatura del Cev arrivava una boccata d'ossigeno, grazie a un uomo che per due volte si era presentato alle primarie del Pd, arrivando sempre secondo. Questa volta a contendergli il posto sarebbero stati la "cattolica rossa" Amelia Frascaroli e l'ex collaboratore di Sergio Cofferati, Benedetto Zacchiroli. Prima del Cev, intanto, Campagnoli si era già ritirato dalla corsa con un "good night and good luck", in protesta con i vertici del partito e con quel segretario Donini che, parlando di lui a Bersani, consegnò agli annali la frase "ne dice una al giorno"

A nove giorni dalla decisione di candidarsi – era il 9 ottobre 2010 - per Maurizio Cevenini arrivò l'attacco ischemico che cambiò tutto. Sembrava una maledizione: il sindaco Cofferati che decide di non ricandidarsi (e comunque tanto criticato dai suoi stessi sostenitori che lo accusavano di scarso interesse verso la città); il sindaco "breve" Flavio Delbono messo al tappeto dalle rivelazioni della sua assistente Cinzia Cracchi – con l'allusione in diretta radio da parte dello sfidante di centrodestra alle elezioni, Alfredo Cazzola ("Le porto i saluti della signora Cinzia") – che hanno già portato a due condanne per patteggiamento per l'ex sindaco Pd.

Cevenini era stimato e ben voluto. E questo bastava. Le primarie di gennaio 2011 hanno poi incoronato quello che poi diventò l'attuale sindaco Virginio Merola. Il quale - nonostante le gaffe (come quella sul Bologna calcio che immaginava essere in serie B) e i dossier del "corvo" che hanno infestato la vigilia elettorale per il Pd - vinse al primo turno contro un centrodestra così malandato da con riuscire in ambito Pdl a trovare un candidato, aprendo la porta al leghista Manes Bernardini. L'elezione al primo turno di Merola è l'inizio di questa storia recente. Di cui Cev – classe 1954, figlio del barbiere del quartiere San Mamolo, moglie, una figlia - purtroppo, nonostante le sue migliaia di preferenze alle elezioni e gli oltre 4mila matrimoni celebrati, forse non si sentiva più parte.

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