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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2012 alle ore 06:37.

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Fabio Pavesi
In un clima già particolarmente teso per le incertezze sulla possibile uscita della Grecia dall'euro, torna l'allarme sulle banche spagnole. Ieri i titoli del settore sono stati bersagliati dalle vendite in scia alla notizia della parziale nazionalizzazione di Bankia, quarto istituto di credito del paese. Nel pomeriggio di ieri i vertici del gruppo, nato nel 2010 dalla fusione di sette casse di risparmio e alle prese con gravi problemi di sofferenze immobiliari, hanno chiesto ufficialmente al governo spagnolo di convertire in azioni i 4,5 miliardi di aiuti ricevuti dalla controllata Bfa. In serata il ministero dell'Economia ha confermato l'operazione che porterà lo Stato a controllare indirettamente il 45% del gruppo e ha promesso di offrire tutto il capitale necessario per risanare la società.
L'annuncio è arrivato a mercati chiusi ma era stato anticipato da indiscrezioni stampa. Il campanello d'allarme, combinato con le nuove forti tensioni sui titoli spagnoli, ha innescato una pesante ondata di vendite sui titoli del credito: la stessa Bankia ha perso il 5,84% mentre i colossi Bbva e Santander hanno lasciato sul parterre rispettivamente il 4,73% e il 4,52 per cento. Il tonfo dei titoli del credito ha pesato sulla performance dell'indice Ibex 35 che ha perso il 2,8% scivolando ai minimi da ottobre del 2003. L'indice da inizio anno segna un ribasso del 20%, la peggior performance tra i listini europei attribuibile soprattutto al tracollo del settore del credito con ribassi 30-40% per i titoli di gran parte degli istituti iberici.
Bankia è solo il primo atto
Il soccorso a Bankia preoccupa perché rischia di essere il primo passo di una nuovo giro di vite per un settore in gravi difficoltà per le forti sofferenze immobiliari. Il Governo spagnolo dovrebbe imporre venerdì alle banche del paese di mettere a bilancio nuovi accantonamenti al fine di proteggere la loro esposizione al settore immobiliare. Il ministero dell'Economia non ha tuttavia indicato l'entità delle somme ma il quotidiano economico Cinco Dias ha parlato di 35 miliardi di euro. Una cifra consistente soprattutto alla luce delle svalutazioni per 53,8 miliardi imposte al settore a seguito della riforma annunciata a febbraio.
Arriva la bad bank?
Per cercare di rassicurare i mercati sullo stato di salute delle banche spagnole, il governo ha fatto sapere di voler approvare già venerdì una nuova riforma per separare la parte immobiliare dai bilanci complessivi degli istituti.
Le sofferenze immobiliari
Vengono al pettine alla fine gli effetti perversi del boom immobiliare spagnolo finanziato a piene mani dagli istituti di credito. L'esposizione vale oltre il 30% del Pil cioè almeno 330 miliardi di euro e di questi, circa 184 miliardi, sono considerati a rischio. Il prezzo pagato dalle banche allo sboom immobiliare è costato finora ben 155 miliardi di euro, il 15% del Pil spagnolo. Ma le pulizie di bilancio non sono ancora finite. E il mercato lo sa. Le stime di Barclays Capital ipotizzano che nei prossimi anni i prestiti a rischio nel real estate possano produrre altri 100 miliardi di perdite per il sistema. Sommando i 155 miliardi di euro di risorse già drenate dagli istituti di credito, la quantità di denaro bruciata sull'altare della bolla immobiliare di Madrid sale così a quota 255 miliardi di euro. Ieri è toccato a Royal Bank of Scotland lanciare l'ennesimo allarme: per gli analisti della banca le prime sette banche del paese hanno un deficit di capitale stimato per 68 miliardi nei prossimi tre anni, determinato sia dall'incremento degli accantonamenti, sia dalle nuove regole sul patrimonio.
Capitali in fuga
Se questo è il conto salato da pagare alla crisi non stupisce nè l'ondata di vendite sulle banche nè la fuga degli investitori esteri. Negli ultimi 12 mesi ben 65 miliardi di depositi sono fuoriusciti dalle banche del Paese mentre la fuga complessiva dei capitali da Madrid ammonterebbe a 125 miliardi. Del resto non si spiegherebbe altrimenti perché le banche spagnole abbiano attinto a piene mani al rubinetto di Francoforte prelevando liquidità netta per la bellezza di 200 miliardi. Una manovra che è servita a comprare Bonos e attenuare la fuga dei depositi, ma che serve a poco sul fronte patrimoniale, la vera mina oggi delle banche di Madrid.
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