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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2012 alle ore 08:12.

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di Marco Valsania
Uno «schiaffo» da due miliardi di dollari a JP Morgan e al suo amministratore delegato James Dimon, finora celebrato come il nuovo re di Wall Street. E un boccone amaro anche per tutte le grandi banche americane, che hanno assicurato di aver migliorato enormemente la gestione del rischio e denuciano il pericolo di strette troppo severe nella regolamentazione.

Le scioccanti perdite rivelate giovedì notte dalla più grande banca americana nel trading di derivati, che potrebbero salire a tre miliardi nel clima di volatilità dei mercati, hanno scosso la finanza e la politica: hanno riaperto il dibattito sugli eccessi speculativi e i pericoli che seminino nuove crisi. Il colossale passo falso di JP Morgan – una super-scommessa sbagliata sul miglioramento della salute di un gruppo di aziende – ha scatenato tensioni in Borsa: JP Morgan, ha ceduto quasi il 10% per poi assestarsi a un calo dell'9,3 per cento. E la prima bocciatura arriva da Fitch, che ha tagliato la valutazione su JP Morgan ad «A+» da «AA-».

L'agenzia di rating ritiene i 2 miliardi di dollari di perdite «gestibili» ma evidenzia come la «magnitudine delle perdite» implichi una mancanza di liquidità e sollevi dubbi sull'appettito per il rischio e la supervisione della banca. E Moody's, che ha minacciato declassamenti di 17 banche globali per metà giugno, potrebbe calcare di più la mano sugli istituti americani. A Washington, intanto, si moltiplicano le richieste di accelerare le riforme del settore, a cominciare dalla Volcker Rule che colpisce il trading speculativo delle banche.

«È difficile sostenere oggi che le banche non abbiano bisogno di nuove norme per evitare azioni irresponsabili», ha detto il deputato Barney Frank, autore della legge Dodd-Frank. Il Senatore Carl Levin ha aggiunto che «le banche chiamano hedging scommesse rischiose che non dovrebbero mai fare». Scompiglio è filtrato anche tra le authority: la Sec ha avviato un esame del caso e il suo presidente Mary Schapiro ha affermato che tutti gli organismi di controllo sono «concentrati» su JP Morgan. La Fed, secondo gli operatori, potrebbe fermare i piani di dividendi e buyback azionari da parte degli istituti nonostante abbiano passato gli stress test.

JP Morgan, in realtà, può assorbire i costi immediati della debacle: solo nel primo trimestre ha intascato profiti per 5,4 miliardi. Dimon si è inoltre affrettato da giovedì sera, in una conference call, a offrire un mea culpa: ha negato che le riforme avrebbero impedito lo smacco e parlato piuttosto di «grossolani errori» nella strategia di hedging, di «cattiva esecuzione e supervisione». Il disastro d'immagine e gli interrogativi che solleva, però, sono più pesanti delle cifre. Anzitutto sulla trasparenza dei rischi e della loro gestione: alcune banche, ad esempio, potrebbero finire sotto osservazione per aver di recente aumentato l'esposizione a Paesi in difficoltà del Vecchio Continente.

Non sono, inoltre, solo le autorità americane a voler fare luce: la Fsa britannica si sta muovendo dopo che al centro della vicenda è emerso l'ufficio di Londra del Chief Investment Office della banca, l'oscura divisione paradossalmente incaricata della protezione dal rischio e guidata dalla 55enne Ina Drew, molto vicina a Dimon. Un suo trader, il francese Bruno Michel Iksil che in passato aveva generato guadagni da cento milioni l'anno, ha orchestrato le scommesse ora mostratesi fallimentari. Ha ammassato una posizione da cento miliardi in derivati, in particolare su un indice legato ai corporate default, il CDX.NA.IG.9, che comprende 121 grandi società nordamericane. Vendendo credit default swap, protezione, sull'indice ha puntato su un miglioramento delle condizioni per le aziende. Quando è accaduto il contrario, nelle ultime sei settimane sono scattate le perdite. Iksil era stato già in aprile battezzato dai media americani la London Whale, la Balena di Londra, per le dimensioni delle sue operazioni in grado di influenzare il mercato. Non tutta la finanza ha però perso con lui: accettando la scommessa di JP Morgan, puntando cioè contro la premessa di Iksil, una dozzina di hedge fund ha guadagnato 30 milioni ciascuno.

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