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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2012 alle ore 07:09.

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BRUXELLES. Missione crescita per Mario Monti a Bruxelles. Nel giorno in cui i mercati europei sprofondano e lo spread vola a 424 punti base per il combinato del tracollo di Angela Merkel alle elezioni del Nordreno Westfalia e dell'impasse politica in Grecia, il presidente del Consiglio prova a forzare tutti i possibili varchi, ora che il vento in Europa vira decisamente per un cambio di rotta.

L'incontro clou è fissato per oggi. Una colazione di lavoro con il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, a margine della riunione dell'Ecofin proprio per discutere delle misure da mettere in campo «per la crescita e per investimenti mirati», secondo quanto ha confermato la portavoce di Barroso, Pia Ahrenkilde-Hansen.

Ricognizione preliminare, in vista del Consiglio europeo del 23 maggio, dedicato interamente alle ricette possibili per coniugare il necessario rigore con politiche attive in grado di scuotere l'economia del Vecchio Continente. Il tutto per confezionare un pacchetto per il successivo summit di fine giugno. L'interrogativo è se i varchi politici aperti dalla vittoria di François Hollande alle presidenziali francesi e dal vistoso arretramento di Angela Merkel sopravviveranno alla tempesta originata dalla crisi greca.

Variabile decisiva. Per ora Monti sonda il terreno con l'obiettivo di definire nero su bianco proposte e misure. L'opzione che pare al momento avere maggiori possibilità di successo riguarda la partita dei project bond, obbligazioni europee dirette al finanziamento di investimenti strategici, che potrebbe essere sostenuta dal potenziamento delle disponibilità finanziarie della Bei. La Commissione si è già espressa a favore, l'Italia è pienamente in linea. Monti intende proporre con decisione anche il suo vecchio cavallo di battaglia della «golden rule», così da scorporare parte degli investimenti in infrastrutture e piani strategici dal calcolo del deficit. Proposta che finora non è decollata per le obiezioni tedesche, al pari degli eurobond. Ma erano altri tempi. Ora si può tentare di scalfire il totem del monoteismo rigorista imposto dalla Germania al resto dell'Europa. E di rilievo sarà l'esito del primo incontro in programma oggi a Berlino tra François Hollande e il cancelliere tedesco.

Nel piatto compare anche l'ipotesi di avviare una riflessione sui metodi di contabilizzazione dei debiti delle amministrazioni pubbliche nei confronti del sistema delle imprese, al pari di quello che in sede tecnica viene definito il "riorientamento" del bilancio comunitario in direzione della crescita. Iniziative che per Monti passano per il fondamentale e prioritario completamento del mercato unico nel settore dei servizi.
A fine mese la Commissione renderà note le sue raccomandazioni sulla base dei programmi di stabilità presentati dai vari Paesi, e dei programmi nazionali di riforma. Passaggio di rilievo per orientare le politiche di bilancio. E anche da questo punto di vista si aprono margini. La breccia è già stata aperta per effetto della decisione già assunta dalla Spagna di rinviare di un anno l'obiettivo di ridurre il deficit al di sotto del 3% del Pil. Si lavora a una rimodulazione dei tempi, che per noi equivarrebbe a un margine in più per onorare appieno l'impegno a una posizione strutturale di equilibrio dei conti pubblici, evitando al tempo stesso l'eventualità di una manovra-bis da varare tra l'estate e l'autunno.

Sia il vice presidente della Commissione, Olli Rehn, che lo stesso Monti hanno escluso che lo scarto tra la previsione di deficit della Commissione (-1,1% del Pil) e quella del governo italiano (0,5%) vada colmato con interventi supplementari. Un margine di tempo in più consentirebbe di escluderlo senza margini di ambiguità, come quello originato da un passaggio non proprio chiarissimo del rapporto sull'Italia, reso noto venerdì scorso. La parola d'ordine, formalmente, è che il Fiscal compact non è oggetto di trattativa. Non per questo è escluso che si possa aprire una discussione sui tempi, definiti dallo stesso Fiscal compact, per raggiungere una posizione strutturale di bilancio che non ecceda lo 0,5% del Pil.

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