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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2012 alle ore 06:38.

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ATENE

BRUXELLES
L'unione monetaria era ieri sull'orlo del precipizio, il suo futuro legato al destino della Grecia. L'Eurogruppo ha espresso «L'inarrestabile desiderio» di mantenere il paese nella zona euro, esortando i partiti greci a formare un nuovo governo a una settimana dal voto del 6 maggio. Mentre ad Atene si discute di un esecutivo tecnico, sempre ieri il Parlamento europeo ha dato uno scossone al dibattito, approvando in commissione la nascita di eurobonds, attraverso un fondo di redenzione del debito.
«Esortiamo la classe politica greca a creare rapidamente un nuovo governo, che si assuma piena responsabilità del programma di risanamento dell'economia - ha detto ieri sera il presidente dell'Eurogruppo, il premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, ricordando che dal maggio 2010 a oggi la Grecia ha potuto godere di aiuti per 148 miliardi di euro. «Esortiamo la Grecia ad affrontare risolutamente le debolezze della sua economia».
Alla fine di una riunione dell'Eurogruppo, Juncker ha sottolineato «l'inarrestabile desiderio» dei partner della Grecia di fare tutto il possibile per assicurare la permanenza del paese nella zona euro, e ha definito «propaganda» le minacce di coloro che abbandonerebbero i greci al loro destino. Dal canto suo il commissario agli affari monetari Olli Rehn ha parlato di «un patto di solidarietà» che lega la Grecia ai suoi partner europei, avvertendo però che «la solidarietà è una strada a due sensi».
La differenza di tono tra i due è per certi versi un gioco delle parti. I governi si sentono di dover fare pressione sui partiti greci perché evitino di uscire dalla zona euro su un colpo di testa. Al tempo stesso, sanno che un atteggiamento troppo energico potrebbe urtare la società greca. Più in generale, Juncker ha confermato che «l'attuale strategia di austerità di bilancio è la strada corretta per superare la crisi», e «non è in contraddizione» con la necessità di rilanciare l'economia.
Ieri sera l'Eurogruppo ha discusso anche della situazione in Spagna, alle prese con lo scoppio di una bolla immobiliare. Pur accogliendo positivamente il recente pacchetto di aiuti al sistema bancario, Juncker ha esortato Madrid a mettere a punto «credibili cuscinetti» da utilizzare «in caso di necessità». In privato alcuni diplomatici hanno criticato il governo Rajoy, troppo timido nel ricapitalizzare le banche.
Nonostante le pressioni europee, lo stallo ad Atene è proseguito anche ieri. L'ultima ipotesi è quella di un governo tecnico con i voti di Neo Dimokratia, Pasok e Sinistra Democratica, dopo che la Coalizione delle Sinistre ha deciso di non partecipare a un esecutivo di unità nazionale. Fonti di Nea Dimokratia, confermate dal leader del Pasok Evangelos Venizelos, hanno dichiarato che domani i colloqui tra il presidente Karolos Papoulias e i leader dei tre partiti riprenderano «su nuove basi».
Intanto sempre ieri, la commissione affari economici del Parlamento europeo ha approvato un emendamento in un regolamento presentato dall'esecutivo comunitario che prevede la nascita di un fondo di redenzione. Questo raccoglierebbe il debito dei singoli paesi superiore al 60% del Pil. I governi sarebbero chiamati a rimborsare i titoli entro scadenze prefissate. Nel frattempo lo stesso fondo emetterebbe obbligazioni garantite da tutti gli stati, a tassi ridotti.
L'iniziativa - che ha raccolto 27 sì, 14 no e due astensioni - è politicamente significativa. È vero che deve essere ancora oggetto di un negoziato con il Consiglio e la Commissione, ma è anche vero che riflette il desiderio di una parte importante del Parlamento di puntare su una mutualizzazione dei debiti. I deputati hanno invece bocciato l'emendamento con il quale Roberto Gualtieri (partito democratico) ha proposto un metodo di calcolo del deficit che esclude le spese per investimento.
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I NODI DA SCIOGLIERE
Un risanamento complesso
L'enorme debito pubblico accumulato da Atene è uno dei nodi più difficili da sciogliere. La ristrutturazione concordata, con il coinvolgimento dei privati, aiuterà a riportare le finanze greche su un terreno sostenibile. Tuttavia - queste le ultime considerazioni della Commissione europea - il rapporto debito-Pil inizierà a calare in modo consistente solo dopo il 2013
Il ruolo dell'export
Le esportazioni nette rimarranno anche nel 2012 una delle maggiori fonti di crescita dell'economia greca, ma sembrano destinate a un minore dinamismo rispetto a quanto ci si aspettava in precedenza. Perciò il recupero di quote di mercato stimato dalla Commissione europea nel 2012 e nel 2013 non arriverà a compensare le perdite subite negli anni precedenti

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