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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2012 alle ore 06:40.

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ROMA
Chi effettuerà donazioni a partiti e Onlus avrà diritto a una detrazione fiscale al 27%. È una delle modifiche al testo unificato sul finanziamento ai partiti illustrata ieri in Aula alla Camera dai relatori Gianclaudio Bressa (Pd) e Giuseppe Calderisi (Pdl). Nel testo uscito dalla commissione Affari costituzionali la detrazione per chi donava ai partiti da 50 a 10mila euro veniva alzata dall'attuale 19% al 38% e veniva lasciato al governo il compito di emanare un decreto per uniformare le Onlus a questa disciplina. Ieri la decisione dei relatori di uniformare direttamente al 27% la detrazione sia per i partiti sia per le Onlus. Con una clausola di "salvaguardia" per le casse dello Stato se il meccanismo delle detrazioni risultasse troppo oneroso, come annunciato da Calderisi: «Qualora il vantaggio fiscale per i cittadini superi l'importo massimo di 6 milioni di euro verrebbe ridotto l'ammontare corrispettivo del contributo pubblico relativo al finanziamento». Altra modifica in corso è la norma già ribattezzata «salva-piccoli». Un emendamento messo a punto dai relatori ammorbidisce il vincolo che prevede che i fondi pubblici vadano solo ai partiti che abbiano almeno un eletto. Resta la condizione dell'eletto per accedere al 70% dei finanziamenti pubblici. Per quanto riguarda invece il cofinanziamento, ossia il 30 per cento che arriverà dalle erogazioni dei privati, basterà raggiungere la quota del 2% dei voti validi anche senza eletto.
Queste le novità più rilevanti. Ma la vera notizia di ieri è che il testo che prevede innanzitutto un dimezzamento del finanziamento pubblico (da 180 milioni l'anno a 90 milioni) è arrivato all'esame dell'Aula di Montecitorio come previsto. Un avvenimento subito commentato positivamente da Giorgio Napolitano, il cui pressing sull'autoriforma del sistema politico a cominciare proprio dal finanziamento dei partiti non accenna a diminuire («significativo che il tema sia oggi all'ordine del giorno», ha detto il Capo dello Stato). Ieri sera l'illustrazione del testo e degli emendamenti da parte dei relatori e l'avvio della discussione generale. Anche se il via libera non arriverà prima della prossima settimana. «Se il governo dovesse mettere la fiducia al Dl sulle commisioni bancarie – spiega Bressa – si potrebbe cominciare a votare gli emendamenti giovedì per concludere entro la settimana prossima».
Questi i principi della riforma: dimezzamento del finanziamento già a partire dalla rata di luglio, come fortemente ha voluto il Pd; sistema misto alla tedesca che prevede appunto un 70% di finanziamento pubblico e un 30% da erogare solo in relazione alla capacità dei partiti di autofinanziarsi; una commissione ad hoc per il controllo dei bilanci dei partiti e per l'erogazione delle sanzioni in caso di inadempimenti. Sull'onda dell'antipolitica e in virtù del pressing del Quirinale, i tre partiti che sostengono Monti sembrano insomma aver impresso un'accelazione. Anche se in Parlamento c'è chi tenta di andare oltre. Come Antonio Di Pietro, che proprio ieri ha depositato le 200mila firme raccolte a sostegno di una legge di iniziativa popolare per l'abrogazione del finanziamento pubblico. Immediato lo stop del Pd: «La Consulta ha ripetutamente detto che il finanziamento pubblico è costituzionalmente necessario perché bisogna mettere i partiti in condizioni di non essere affiancati dai potentati – dice Bressa –. Quella dell'Idv è una iniziativa priva di efficacia».

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