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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2012 alle ore 06:58.

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Per la Lega è una sorta di contrappasso. O forse è semplicemente un messaggio politico di unità da dare ai militanti. Fatto sta che ieri la difesa più battagliera nei confronti di Umberto Bossi, indagato dalla procura di Milano per truffa ai danni dello Stato, è arrivata dai "maroniani" Matteo Salvini e Flavio Tosi. E poi dallo stesso Roberto Maroni, in pole position per diventare il prossimo leader del partito.

Ieri sul profilo Facebook dell'ex ministro degli Interni è prima comparso un messaggio: «Largo ai giovani e a chi è capace. Per faccendieri, ladri e ciarlatani non c'è posto nella Lega del futuro». Poi però in serata, nel caso qualcuno avesse ritenuto la frase troppo allusiva, ha dichiarato di essere «ultracerto della totale buona fede di Bossi». Specificando: «il messaggio su Facebook l'ho scritto prima di sapere delle indagini».
Per l'europarlamentare Salvini, vicino a Maroni e uno dei possibili candidati alla guida del partito in Lombardia, la tesi è quella del complotto. «Il fatto che a 4 giorni dai ballottaggi si continui a buttare fango sulla Lega mentre l'economia crolla fa venire qualche dubbio.

Chi ha sbagliato ha già pagato, e chi conosce Bossi sa bene che nella Lega lui di soldi ne ha solo messi, di soldi e di salute». E sempre Salvini lancia una provocazione a Otto e Mezzo, in onda ieri sera su La 7. «Che si faccia chiarezza in casa di tutti i partiti, perché se vale per Bossi il principio del "non poteva non sapere", attendiamo perquisizioni in casa di Bersani, di Berlusconi, di Di Pietro, di Vendola e di Fini».
In difesa di Bossi arriva anche Tosi, sindaco di Verona e possibile nuovo leader del Carroccio in Veneto. «Sarebbe fin troppo facile criticarlo, ma dato che conosco Bossi, il suo stile di vita e il suo modo di essere, sono propenso a ritenere che abbia firmato in buona fede, e che la responsabilità sia da ascriversi a chi gli stava vicino e si è approfittato di lui».

La solidarietà arriva anche da Manuela Dal Lago, membro del triumvirato che guiderà il Carroccio al congresso di fine luglio, insieme a Roberto Calderoli e Maroni. «Sono pronta a difenderlo fino alla fine». E così Calderoli: «Nulla cambierà la stima che provo per lui».
Adesso nel Carroccio si apre il nodo delle espulsioni. Nei confronti dell'ex tesoriere Belsito e della vicepresidente del Senato Rosi Mauro c'è stata subito, all'interno della Lega, una decisione perentoria. Ma ora nessuno propone la stessa cosa per Bossi, che tutti difendono. Per quanto riguarda il figlio Renzo si pone tuttavia il dubbio. Maroni dichiara «non so, visto che Renzo si è comunque già dimesso da consigliere della Lombardia». Per ora tutto fermo dunque, in attesa di capire quale, anche mediaticamente, sia la scelta migliore.
S. Mo.

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