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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2012 alle ore 07:05.

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ATENE - Ancora una volta le agenzie di rating colpiscono alle spalle Atene con una sorta di ultimatum e brandendo i giudizi sui rating sovrani come bombe incendiarie. Ieri Fitch ha tagliato il rating della Grecia a "CCC", un gradino sopra il livello "D" che indica default, dal precedente "B-". «Il downgrade riflette il rischio, esacerbato, che la Grecia possa non essere più in grado di sostenere la sua presenza nell'Unione economica e monetaria». Per gli analisti dell'agenzia americana il voto di metà giugno assume un significato cruciale: «Se le elezioni del prossimo 17 giugno non riusciranno a determinare un governo con un mandato in grado di portare avanti il programma di austerità e riforme strutturali della Ue e del Fondo monetario, un'uscita della Grecia dall'eurozona sarebbe probabile».

Come sempre un giudizio notarile, che prende atto di una situazione di estrema volatilità davanti agli occhi anche del più sprovveduto tra i risparmiatori, che infatti senza aspettare i "preziosi" consigli di Fitch in tre giorni, da lunedì a mercoledì, hanno ritirato 1,5 miliardi di euro dai conti correnti greci, sebbene ieri il fenomeno si sia ridotto.
«Il ritiro dai depositi non è al momento preoccupante – ha detto Michael Massourakis, capo economista di Alpha Bank - Solo se dovesse accelerare allora dovrebbe intervenire la Banca centrale che è pronta a fornire liquidità senza limiti». «Il problema è che dall'inizio della crisi – spiega Massourakis – abbiamo perso 72 miliardi di euro dai depositi e ora ne abbiamo nell'intero sistema per 165 miliardi di euro».
Intanto passando sul fronte politico ad Atene hanno giurato i 16 ministri tecnici del governo Prikammenos, responsabili di dicasteri che non prenderanno nessun stipendio per il mese di lavoro che li attende fino la 17 giugno, come pure i 300 deputati che oggi o al massimo lunedì torneranno ad essere normali cittadini dopo lo scioglimento lampo del parlamento. Un governo tecnico formato da uomini di prim'ordine come l'accademico Giorgios Zannias, all'Economia, già negoziatore chiave nella ristrutturazione del debito greco da 200 miliardi di euro, o Ioannis Sturnaras, professore e presidente del prestigioso think tank Iobe e ora nominato ministro dello sviluppo.

Ma mentre il governo tecnico giurava nell'aula sono entrati marciando in Parlamento i 21 deputati del partito filo-nazista Chrysi Avghì (Alba Dorata) in formazione militare con il loro leader Nikos Michaloliakos in testa al manipolo.

Un sondaggio pubblicato ieri in serata, effettuato dopo la convocazione delle nuove elezioni, mostra intanto che il partito conservatore di Nuova Democrazia guidato da Antonis Samaras, favorevole al programma concordato con Ue e Fmi, supera la sinistra radicale di Syrizia di Alexis Tsipras con il 26,1% contro il 23,7. In leggera ripresa anche i socialisti con il 14,9% contro il 13,2 del voto del 6 maggio. Ci sarebbe quindi secondo questo sondaggio una maggioranza conservatori-socialisti che metterebbe la Grecia al riparo dal rischio di un'uscita dalla moneta unica.

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