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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2012 alle ore 11:06.

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Silvio Berlusconi con il premier Mario Monti (Emblema)Silvio Berlusconi con il premier Mario Monti (Emblema)

Tre ore di colloquio «franco e schietto», poi di corsa a votare la fiducia alla Camera sul decreto per le commissioni bancarie. Nessuno si attendeva sorprese dal pranzo tra Mario Monti e Silvio Berlusconi. Ma la scelta del Cavaliere, di presentarsi a Montecitorio per ribadire il sostegno al governo, rappresenta plasticamente quel che lo stesso Berlusconi ha ripetuto anche ieri conversando con alcuni deputati: «Non possiamo togliere il sostegno al governo, sarebbe una catastrofe per il Paese della quale ci verrebbe addossata la responsabilità».

È un refrain che l'ex premier ripete da tempo, nonostante non siano mancati in questi mesi momenti di frizione con l'esecutivo. Anche durante la colazione di lavoro con Monti, il Cavaliere non ha mancato di sottolineare la necessità di scelte condivise su alcuni temi caldi quali la Rai e ovviamente la Giustizia. Passaggi su cui – assicura chi ha parlato con il leader del Pdl e con Angelino Alfano (presente all'incontro assieme a Gianni Letta) – «non ci si è intrattenuti più di tanto».

Il piatto forte, come era già nelle premesse, è stato infatti il resoconto del premier sul vertice di Bruxelles nonchè sul prossimo G8 a Camp David, che sarà aperto, su proposta di Obama, proprio da Monti. Berlusconi, pur continuando ad appoggiare il governo, non vuol rinunciare a dire la sua. Al premier ha garantito che il sostegno del Pdl non mancherà ma ha anche ripetuto che difficilmente riuscirebbe a convincere i suoi ad appoggiare un nuovo incremento della pressione fiscale. La preoccupazione è chiaramente rivolta all'eventuale aumento dell'Iva. Monti ha spiegato che il governo farà di tutto per evitarlo ma la situazione al momento è troppo fluida per poter assumere impegni anche di breve periodo. Nei pensieri dell'ex inquilino di Palazzo Chigi però non ci sono solo i grandi temi, a partire dal rilancio della crescita, ma anche la gestione di faccende più domestiche come appunto giustizia e Rai. L'astensione – di cui il Cavaliere era a conoscenza – sul voto di fiducia da parte di alcuni esponenti del Pdl, in segno di protesta per la decisione assunta dalla commissione giustizia sul falso in bilancio, ne è la conferma.

Berlusconi è infatti consapevole dell'insofferenza montante nel partito (l'ex azzurro Guido Crosetto ieri ha votato contro la fiducia) e tenta di governarla prima che gli sfugga di mano. Nel vertice serale a Palazzo Grazioli, il Cavaliere ha cercato di ricomporre le fratture interne, ovvero tra quanti spingono affinché sia sempre più marcata la distanza dal governo (La Russa-Corsaro) e quanti invece ritengono che un atteggiamento così «estremo» non sia funzionale a quella riunificazione dell'area moderata perorata dallo stesso ex premier (Quagliariello-Gelmini). Berlusconi alla Camera ha ripetuto che «bisogna tentare di convincere Casini» a costruire un nuovo polo – «la federazione» – di centrodestra. La spaccatura interna al terzo Polo, il gelo tra centristi e finiani, gioca – secondo alcuni – a favore del riavvicinamento tra Udc e Pdl. Ma Casini è stato chiaro: la ricomposizione passa inevitabilmente dall'uscita di scena di Berlusconi. Il Cavaliere lo sa e si sta attrezzando.

Nel pomeriggio si è diffusa la voce che sarebbero ormai a buon punto i tentativi di coinvolgere Luca Cordero di Montezemolo per una sua eventuale candidatura alla premiership. Il presidente della Ferrari smentisce che ci siano stati contatti e nega di aver dato la sua disponibilità. Ma vuol dir poco. Qualcosa accadrà, probabilmente subito dopo i risultati dei ballottaggi. Questo tutti lo danno per scontato.

Si parla del nuovo partito (che verrebbe annunciato il 29 amaggio) ma anche di una implosione pilotata del Pdl, con la costituzione di gruppi autonomi guidati da alcune colombe pidielline. Anche i falchi però sono in movimento. Qualcuno sostiene che alcuni ex An (tra cui Giorgia Meloni), siano pronti a prendere le distanze dando vita a una pattuglia parlamentare del dissenso. Movimenti in vista di una campagna elettorale che si annuncia lunghissima e che si concluderà, come ha ripetuto anche ieri Berlusconi, solo al termine della legislatura, ovvero nel 2013.

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