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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2012 alle ore 06:36.

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MILANO
Arriva alla Triennale di Milano con cellulare all'orecchio, il viso serio, il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco. Schiva garbatamente i giornalisti e continua a lavorare in una saletta. La cosmopolita platea di alumni della Wharton school, intanto, affluisce al gala del world forum primaverile, quest'anno a Milano.
Prima che tutti si siedano a cena è l'ex allievo italiano, asceso al vertice di Via Nazionale, a tenere il key-note speech della due giorni. Porte chiuse, riserbo assoluto: una chiacchierata tra amici, poca finanza, molta impresa globale. Alla fine, l'eco di un lungo applauso e poi le sottolineature durante le conversazioni ai tavoli: nelle quali il realismo del banchiere centrale italiano è parso very positive ai whartoniani.
Molto resta ancora da fare, ma parecchio è stato fatto per tenere a galla e per rimettere in rotta il sistema finanziario internazionale e per fronteggiare la recessione. E più di un uditore è rimasto colpito - non negativamente - dall'apprendere che il debito/Pil aggregato della Ue è inferiore al 90%. La salute economico-finanziaria dell'Occidente - colpito duro da crisi bancaria, sofferenze di bilancio dei Paesi meno virtuosi e recessione - è ancora lontana dall'essere recuperata, ma la strada è segnata. E ha due parole chiave: ripresa e regole. Le economie europee - e fra esse quella italiana - devono ristrutturarsi, riformarsi e tornare competitive. Ma in Europa sono importanti le regole e ancora più importante è farle rispettare.
La due giorni milanese (che in autunno avrà una replica a Giacarta per mettere a fuoco l'Asia che sta cavalcando lo sviluppo) era iniziata in Piazza Affari con il saluto mattutino di Corrado Passera: il ministro dello Sviluppo economico è stato lui pure a Wharton, classe dell'80. Ed è stato suo l'invito a Milano, co-firmato con il rettore della business school, Thomas Robertson. A Palazzo Mezzanotte sfilano speaker whartoniani e loro amici: Domenico Siniscalco, vicepresidente di Morgan Stanley, il patron della Tod's, Diego Della Valle, Marco De Benedetti, amministratore delegato di Carlyle Europe, Claudio del Vecchio Ceo di Brooks Brothers, Matteo Marzotto, Marialuisa Trussardi.
«Da Camp David ci aspettiamo un segnale forte, concreto e di impegno per la crescita» ha detto Passera alla vigilia del G-8. «L'Europa deve finalmente prendere in mano la situazione e capire che il problema della Grecia è gestibile». Sul nodo dell'uscita dall'euro di Atene e sulle ricadute che questa decisione potrebbe avere sugli altri paesi europei, il ministro ha detto di attendere le prossime elezioni perché saranno «determinanti». Certo, «si deve fare di tutto per aiutare la Grecia a crescere. Non si può parlare solo di austerità». Immancabile la stoccata alle agenzie di rating «troppo lente nel capire quello che succedeva» fino a passare all'eccesso opposto «arrivando ad enfatizzare talune minime difficoltà».
L'esperto di crisi finanziarie, Franklin Allen docente di economia, ha la sua ricetta: «Non deve essere vissuto come un dramma l'uscita temporanea dall'euro di Grecia, Portogallo e Spagna, anzi potrebbe essere un'opzione necessaria per aiutare questi paesi a rimettersi sui binari della crescita: le loro economie non sono in grado di affrontare politiche di austerità che li porterebbero nel tunnel della recessione dai contorni incerti».
La voce delle imprese è stata scandita da Diego Della Valle: «Il Paese non deve uscire dal radar degli investitori», ha aggiunto; dal punto di vista delle acquisizioni «è un pochino a sconto». L'imprenditore ha infine sottolineato che «serve distinguere, far vedere che siamo guidati da persone per bene, altrimenti fra dieci anni ci ritroviamo nella stessa situazione». Secondo Della Valle bisogna sbrigarsi «a convincere gli investitori che venire in Italia non è rischioso. L'unico problema è la burocrazia».
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