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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2012 alle ore 12:42.

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Maxi confisca da 330 milioni di euro al re dei videopoker. La Gdf di Reggio Calabria, in collaborazione con i colleghi romani dello Scico, ha dato esecuzione al provvedimento di confisca, emesso dal Tribunale di Reggio Calabria di un ingentissimo patrimonio mobiliare e immobiliare in pregiudizio del noto imprenditore reggino Giacchino Campolo ritenuto dagli inquirenti legato a vari esponenti della ‘ndrangheta cittadina.

Confisca da 330 milioni di euro
Complessivamente, Il patrimonio confiscato ha un valore di circa 330 milioni di euro. Si va dal patrimonio aziendale e relativi beni di 4 imprese, di cui 2 operanti nel settore immobiliare, 1 nel commercio di elettrodomestici e del gioco da intrattenimento e una impresa agricola. Poi ci sono 256 immobili (di cui 74 abitazioni, 126 locali commerciali, 56 terreni siti a Reggio Calabria e Provincia, Roma, Milano, Taormina e Parigi). Poi 3 veicoli commerciali, 6 autovetture di lusso, 5 motocicli, 27 rapporti bancari, postali, assicurativi, azioni, individuati in Italia e in territorio francese, 119 quadri tra i quali molti di rilevantissimo pregio artistico.

Nell'abitazione di Cascella quadri d'autore
Diventano patrimonio dello Stato anche i quadri, considerati autentici, di Salvador Dalì ("Giulietta e Romeo"), Renato Guttuso ("Nudo femminile 1971"), Giorgio De Chirico ("Piazza d'Italia" e "Manichino"), Giuseppe Migneco ("Venditore di pesce" e "Pescatore con sardine"), Antonio Ligabue ("Tigre e Serpente", "Scoiattolo"), Lucio Fontana ("Concetto spaziale"), Mario Sironi ("Studio per un nudo"), Michele Cascella che il "re dei videopoker" aveva appeso alle pareti della sua abitazione.

L'inarrestabile ascesa dell'imprenditore grazie ai rapporti con la 'ndrangheta
Le complesse indagini di polizia giudiziaria avviate nel 2008 avevano consentito di accertare che l'inarrestabile ascesa dell'imprenditore era stata possibile attraverso rapporti dai reciproci vantaggi con diversi esponenti delle principali cosche di ‘ndrangheta del reggino, tra cui i De Stefano, gli Zincato e gli Audino.

Condannato in primo grado a 18 anni di reclusione (è in corso l'appello)
Per estorsioni e concorrenza sleale Campolo era già stato condannato lo scorso anno a 18 anni di reclusione dal Tribunale Penale Collegiale di Reggio Calabria, sentenza allo stato all'esame della locale Corte di Appello. I fatti contestati a Campolo andavano dalla concorrenza illecita nei confronti degli altri imprenditori del settore all'estorsione ai danni dei dipendenti della ditta di cui era titolare, costretti a dichiarare, pena il licenziamento, la ricezione di uno stipendio dall'importo di gran lunga superiore a quello realmente intascato, nonché a lavorare in condizioni precarie. Poi estorsioni aggravate dalle modalità mafiose perpetrate ai danni di titolari di esercizi commerciali cui aveva imposto i propri apparecchi da gioco. Per dieci annil'imprenditore reggino ha ottenuto un monopolio, anche grazie alla sua contiguità con membri di vertice della criminalità organizzata locale. Campolo era anche stato accusato di aver sistematicamente alterato gli apparecchi da gioco, dando vita, in tal modo, non solo a una gigantesca frode fiscale ma, soprattutto, alla disponibilità di ingenti somme di denaro in nero che costituivano la "liquidità", da un lato, da mettere a disposizione di esponenti della ‘ndrangheta e, dall'altro, da investire nell'acquisto di numerosi immobili non solo in Reggio Calabria, ma altresì, tra l'altro, in Roma, Milano e Parigi.


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