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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2012 alle ore 14:07.

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Giorgio De ChiricoGiorgio De Chirico

Il 25 giugno 2009 è una data che gli uomini della Direzione investigativa antimafia di Roma ricorderanno per sempre. Quel giorno andarono a bussare alle residenze di Beniamino Zappia, che la Procura romana riteneva il referente delle potenti famiglie di cosa nostra Bonanno di New York e Cuntrera-Caruana di Toronto e sequestrarono centinaia di tele dal valore incalcolabile.

Tra le opere sequestrate a Milano, dipinti di Guidi, Sironi, Levis, Grossi, Guttuso, De Pisis, Morandi, Fattori, De Chirico e Dalì. A Cattolica Eraclea (Agrigento) furono invece messi sotto sigillo icone, crocifissi in legno, anfore e quadri dall'enorme valore.

A distanza di poco più di due anni gli esperti messi in campo dalla Procura non hanno ancora completato il lavoro. Per una stima attendibile – che sarà comunque di decine di milioni – ci vorrà ancora del tempo, disse a novembre 2011 il colonnello Paolo La Forgia, ex capo della Dia di Roma. L'arte è una vera e propria passione per criminali e affini. Le 107 tele della collezione sequestrata all'imprenditore reggino Gioacchino Campolo – e oggi definitivamente confiscate - soprannominato il re dei videopoker, comprendono opere di Mattia Preti, Picasso, De Chirico, Dalì, Guttuso, Ligabue, Sironi, Migneco e altri grandi artisti. Le opere sono state per lungo tempo imballate e rinchiuse nel caveau della sede provinciale della Banca d'Italia di Reggio. L'intero patrimonio (non solo i quadri) confiscato a Campolo è stato valutato diverse centinaia di milioni.

Passionaccia
Solo per rimanere alla cronaca di attualità, a casa di Nicola Schiavone, figlio del boss dei Casalesi, Francesco, il 6 maggio sono stati trovati una decina di quadri di famosi pittori contemporanei. Niente a che vedere con i gusti "pacchiani" del fratello di Francesco, Walter Schiavone, al quale nel '98 sequestrarono la villa fatta a immagine e somiglianza della roccaforte di Scarface Tony Montana. Una passionaccia, quella dei boss o dei presunti boss per l'arte, che si fa a volte sacro fuoco (in proprio). Il boss di Cosa nostra Gaspare Mutolo, uno dei protagonisti del primo grande maxiprocesso alla mafia, un pentito che affidò le sue rivelazioni ai giudici Falcone e Borsellino, espose a Palermo nel 2011. Otto tele ad olio furono esposte a febbraio al centro "Zelle Arte Contemporanea". Mutolo cominciò a dipingere nel 1987, mentre era rinchiuso nel carcere dell'Ucciardone di Palermo.

Aveva 60 anni e ne aveva trascorsi in carcere molti più della metà Giosuè Rizzi, ritenuto dagli inquirenti capo indiscusso della mafia foggiana negli anni Ottanta, quando venne ucciso a Foggia a gennaio di quest'anno. Aveva trovato il riscatto nella pittura. Fortuna che spesso l'arte si rivela per quello che è: cultura di vita e non di morte come le mafie. Una mostra con le opere di circa 60 artisti fu a esempio inaugurata l'11 novembre 2011 nella casa confiscata a don Tano Badalamenti, il boss di Cinisi (Palermo), condannato anche come mandante dell'uccisione di Peppino Impastato.

Concepita come un'incursione dell'arte in quello che fu il fortino del potere mafioso, la mostra fu organizzata dall'Associazione Casa della memoria, con l'apporto dei ragazzi del laboratorio Saccardi, il patrocinio del Comune di Cinisi e di Addiopizzo. La scelta del luogo ripropone il percorso del film 'I cento passi': la breve distanza che divide la casa del boss e quella del giovane che lo sfidava e lo ridicolizzava dai microfoni di Radio Aut. Per due settimane furono esposte le opere, quasi tutte ispirate alla contrapposizione tra violenza e legalita', di numerosi artisti tra i quali Emilio Isgro', uno degli ideatori della 'poesia visiva' in Italia, e Peppe Gesu', l'artista scomparso e al quale la mostra era dedicata.

Archeomafia
I boss hanno sempre avuto una smodata passione anche per l'archeomafia, vale a dire il mercato illegale delle opere d'arte trafugate per poi essere rivendute vale, secondo l'ultima stima di Legambiente relativa al 2010, 216 milioni. Ecco spiegati i 983 furti d'opere d'arte, quasi 3 al giorno, accertati; crescono gli oggetti di valore trafugati, 20.320 nel 2010 (erano 13.219 nel 2009). Nel totale ci sono state 1.237 persone indagate e 52 arresti. Da segnalare anche i furti nel settore dei libri, documenti antichi e beni archivistici di rilevante interesse storico-culturale, a danno di istituti, enti e biblioteche pubbliche e private: il più delle volte gli ammanchi sono ignorati dai legittimi proprietari a causa della parziale e incompleta catalogazione dei testi, della estrema facilità di trasporto, occultamento e parcellizzazione dei beni sottratti. Nel 2010 il numero di documenti e libri denunciati come sottratti è stato nettamente superiore a quello registrato nel 2009 (11.712 a fronte di 3.713). Da sottolineare gli ottimi risultati investigativi in fatto di recupero di oggetti d'arte: nel 2010 la cifra sale a quota 84.869, dei quali 79.260 provenienti direttamente da furti.

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