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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2012 alle ore 06:35.

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La fuga dei risparmiatori da Bankia, il downgrade delle Regioni per deficit eccessivo, e a Borse chiuse la condanna di Moody's per tutto il sistema finanziario nazionale. Tre batoste in un giorno solo per la Spagna, tre ulteriori colpi alla credibilità di un Paese, impotente di fronte ai mercati, che si appella all'Unione europea perché protegga la moneta unica e garantisca la sostenibilità dei debiti nazionali.
È un nuovo giorno di panico nella finanza spagnola e soprattutto tra i correntisti di Bankia, la quarta banca del Paese appena nazionalizzata. Si diffonde già prima dell'apertura dei mercati la voce sulla fuga dei risparmiatori dall'istituto: in meno di una settimana, cioè da quando il Governo di Madrid ha deciso di intervenire direttamente nel capitale della banca, dagli sportelli di Bankia sarebbero stati prelevati contanti per un miliardo di euro, quasi quanto ritirato nell'intero ultimo trimestre. Il sottosegretario all'Economia, Fernando Jimenez Latorre, smentisce la fuga dei depositi bancari: «Il nuovo assetto riunisce tutto il necessario per essere un successo nel futuro. Non è vero che si stia registrando un ritiro dei depositi in questo momento in Bankia». In una nota ufficiale la banca, una delle più esposte sull'immobiliare, spiega che «i correntisti non hanno nulla da temere e che non sono attesi cambiamenti significativi nei livelli dei depositi. Ma le smentite e le rassicurazioni non convincono: il titolo di Bankia arriva a perdere a Madrid il 30% rispetto a mercoledì, oltre il 60% dall'ingresso pubblico nel capitale. In Borsa il valore della società è sceso intorno ai tre miliardi di euro, sotto alla capitalizzazione di istituti molto più piccoli come Popular o Sabadell. Del resto i timori su Bankia sono solo l'ultimo atto della fuga dalle banche: negli ultimi 12 mesi infatti ben 65 miliardi di depositi sono usciti dalle casse degli istituti.
Il declassamento del debito delle regioni da parte di Moody's arriva nel pomeriggio mentre il ministro del Bilancio, Cristobal Montoro, discute con i rappresentanti delle diciassette amministrazioni autonome - che controllano oltre un terzo della spesa pubblica complessiva - sulle misure di austerity necessarie a contenere nel 2012 il deficit delle Regioni all'1,5% e quello nazionale al 5,3% del Pil. Montoro trova l'accordo anche con Andalusia e Catalogna - le uniche grandi autonomie non controllate dal partito popolare - per 13 miliardi di tagli alla spesa di ospedali e scuole e 5 miliardi di nuove tasse locali. Ma Moody's ritiene ci siano «scarse probabilità» che le Regioni riescano a rispettare gli obiettivi di risanamento di bilancio: il rating di Catalogna ed Estremadura viene tagliato di un gradino, quello di Andalusia e Murcia di due. I titoli di Murcia e Catalogna scendono sotto il livello di investimento, sono ormai junk bond, spazzatura. E come hanno dimostrato le ultime emissioni di Valencia, per alcune amministrazioni locali i costi di rifinanziamento del debito, soprattutto sulle scadenze più vicine, superano quelli pagati dal Portogallo e anche dalla Grecia.
Per il downgrade delle banche Moody's attende la chiusura di Wall Street, rating tagliato da uno a tre livelli per 16 istituti spagnoli: Santander, Bbva, Banesto, Caixabank, La Caixa, Caja rural de Navarra, Banco cooperativo espanol, Bankiter, Ceca, Caja rural de Granada, Liberbank, Cajamar, Lico Leasing, Unicaja Banco, Banco popular espanol, Banco Sabadell (ai quali si aggiunge Santander Uk). Decisive per Moody's «la recessione, la disoccupazione e il perdurare della difficoltà del real estate»; «il calo di credibilità del Governo spagnolo»; «l'esposizione a rischio sull'immobiliare»; «il difficile quadro dell'Eurozona». Una bocciatura per un sistema del credito che ha accumulato un'esposizione sull'immobiliare di quasi 330 miliardi di euro, una cifra che vale un terzo del prodotto interno lordo iberico della quale fanno parte almeno 184 miliardi di asset considerati a rischio.
luca.veronese@ilsole24ore.com
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