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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2012 alle ore 16:18.

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L'impressione è che il governo italiano sia stato colto di sorpresa dall'incriminazione dei fucilieri Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, giunta quasi fuori "tempo massimo" cioè allo scadere dei 90 giorni oltre i quali la legge prevede che senza incriminazione non possa venir prolungata la carcerazione. La debolezza delle prove raccolte dalla squadra investigativa speciale del Kerala guidata dal commissario Ajith Kumar, poteva indurre a ritenere che una soluzione "diplomatica" della vicenda fosse praticabile specie dopo il pagamento degli indennizzi ai famigliari dei due pescatori morti e al proprietario del peschereccio Saint Antony.

Invece il processo si farà, con inizio previsto a fine maggio, nonostante quanto emerso finora dalle perizie balistiche e dalle testimonianze dei pescatori risulti quanto meno poco professionale e inaffidabile. L'equipaggio del Saint Antony ha cambiato versione tre volte mentre le indicazioni emerse dagli esami delle armi hanno indicato armi diverse per tipo e calibro da quelle utilizzate dagli italiani con il forte dubbio di inquinamento o "forzatura" delle prove balistiche. Ora che l'equipaggio della petroliera Entica Lexie è possibile confrontare il rapporto che Latorre e Girone redassero dopo l'incidente del 15 febbraio scorso con le testimonianze di chi si trovava a bordo.

Per quel poco che è stato detto gli altri quattro fucilieri non avrebbero assistito alla sparatoria anche se questa versione stona con le procedure di sicurezza adottate sulla nave (possibile che, suonato l'allarme, i quattro fucilieri siano rimasti nei loro alloggi mentre l'equipaggio raggiungeva la cabina blindata?) e qualche dubbio solleva anche la decisione della Difesa di non far parlare con i giornalisti i quattro militari mentre il loro interrogatorio in Procura è stato secretato. Meno ambiguo l'atteggiamento dell'equipaggio della Enrica Lexie specie dopo l'intervista al vice comandante Carlo Noviello apparsa sul Corriere della Sera nella quale l'ufficiale dichiara di essersi trovato "sul ponte insieme ai marò" durante l'attacco sottolineando che i militari hanno sparato solo in acqua e di essere ''sicuro al mille per mille di quello che ho visto: solo schizzi in acqua''. Il comandante vide il peschereccio ''con il binocolo mentre si avvicinava. All'inizio sembrava una barca da pesca. Latorre ha iniziato a fare segnalazioni, lampi di luce per avvertirli di non avvicinarsi. Ma ''loro hanno continuato ad avvicinarsi.

A un certo punto Girone che li controllava con il binocolo ha urlato 'sono armati, sono armati'. Abbiamo sospettato che fossero pirati e dato l'allarme, abbiamo avvertito le autorità di Atalanta (la missione anti-pirateria della Ue) e i marò hanno messo in mostra le armi per rafforzare il concetto alla barca che si avvicinava. Poi hanno sparato in acqua, credo con mitragliette, quando il peschereccio era a un centinaio di metri da noi. A quel punto gli indiani si sono sfilati di poppa e se ne sono andati verso Sud mentre noi andavamo a Nord''. Poi la Lexie si è diretta a Kochi perché ''la guardia costiera di lì e di Mumbai ci ha detto di andare a identificare due barche con dei possibili pirati a bordo''. Ma in realtà ''sono saliti a bordo 70-80 militari, ci hanno trattato come delinquenti, a me è sembrato tutto premeditato'' concludendo che ''la barca che si è avvicinata a noi non fosse quella su cui ci sono stati i due pescatori morti''.

Le prove deboli o inesistenti contro i due fucilieri stridono con i sorprendenti capi d'accusa: omicidio, tentato omicidio, danni, associazione a delinquere e la pretesa di applicare nei confronti di due militari italiani convenzioni internazionali concepite per la lotta al terrorismo. Se i primi tre capi d'imputazione sono comprensibili, l'associazione a delinquere rappresenta un vero insulto all'Italia dal momento che il reato viene attribuito a militari in operazioni e per atti compiuti durante il servizio. Inaccettabile poi che l'India richiami addirittura il Sua Act, una convenzione internazionale nata a contrasto del terrorismo marittimo firmata a Roma nel 1998, per legittimare la sua giurisdizione su un fatto accaduto fuori dalle sue acque nazionali, a 22 miglia dalla costa come ammette la stessa accusa. Il Sua Act, pensato per affrontare in termini giuridici casi come il sequestro della Achille Lauro nel quale terroristi prendono il possesso di una nave in acque internazionali, consente ai singoli Stati di applicare la propria giurisdizione nel caso di determinati tipi di reati marittimi avvenuti in alto mare contro proprie navi e cittadini.

Di fronte all'aggressività indiana, pur in assenza di prove concrete contro Latorre e Girone, la Farnesina sembra cercare una strategia che rimpiazzi tre mesi di inutili tentativi di ottenere il supporto concreto della Ue e della comunità internazionale e di fallimentare atteggiamento accondiscendente di fronte ai soprusi di Nuova Delhi e delle autorità del Kerala. Queste ultime hanno rinviato di 20 giorni il trasferimento dei due fucilieri fuori dal carcere di Trivandrum e questa mattina hanno respinto per la seconda volta la richiesta di libertà su cauzione.

''Non siamo sorpresi, ma proviamo un ulteriore disappunto'' ha detto il sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura tornato in Kerala dove non risparmia critiche e duri commenti nei confronti delle autorità locali. "Rinnoveremo la richiesta ad una istanza più alta, e se fosse necessario fino alla Corte suprema dove riteniamo che ci sia uno spazio maggiore per presentare i nostri argomenti a favore dei marò e delle garanzie per loro necessarie'' ha aggiunto De Mistura sostenendo circa il processo che "a questo punto vogliamo vedere le carte dell'accusa: i motivi, gli argomenti e soprattutto le prove balistiche per poterci confrontare a viso aperto". La Farnesina ha convocato l'ambasciatore indiano, Debabrata Saha, per ribadire l'inaccettabilità degli sviluppi giudiziari e dei capi d'imputazione.

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