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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2012 alle ore 07:10.

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ROMA - Forse la vittoria è andata al di là delle più ottimistiche aspettative. Il suo Federico Pizzarotti ha sbancato Parma, è sindaco come altri 3 grillini. Certamente il risultato va anche oltre i timori degli avversari, costretti a parlare di lui, a confrontarsi con lui, grande assente dei salotti televisivi post voto di cui è stato comunque il grande protagonista. Beppe Grillo usa twitter e Skype per far sapere ai suoi sostenitori e agli italiani che dopo la conquista di «Stalingrado», ovvero di Parma, «siamo sulla strada di Berlino», di Roma, l'ingresso in Parlamento alle prossime politiche. È quello l'obiettivo e non lo nasconde. Solerti sondaggi ieri davano il suo Movimento 5 stelle già al 12% su scala nazionale. «Abbiamo vinto senza soldi, devono chiedersi come abbiamo fatto, come mai e confrontarsi con questo», è il messaggio che inonda in serata la rete. Il soggetto sottinteso è i partiti. Ovviamente, i vecchi partiti.

Grillo se ne tiene lontano. Ha drenato voti ovunque e laddove non era presente, come al secondo turno di Genova, ha ottenuto comunque un successo: la vittoria di Doria, il candidato della sinistra che si è imposto sul centrista Musso, si realizza con un'astensione senza precedenti nel capoluogo ligure. Ma soprattutto emerge che il neo-sindaco non ha attratto neppure un elettore in più, anzi ne ha persi 13mila per strada, mentre il candidato centrista, pur perdendo, è passato da 39mila a 77mila voti e tra questi ce ne sono certo alcune migliaia provenienti da quei 36mila e più elettori che avevano scelto al primo turno il grillino Paolo Putti.

A Parma invece è il contrario. Qui a raddoppiare è chi vince. Il grillino Pizzarotti, che al primo turno aveva racimolato poco più di 17mila voti contro i 34mila e rotti del suo avversario Bernazzoli, al ballottaggio arriva a oltre 51mila preferenze, 18mila più di quelle prese dall'esponente del Pd, 36mila oltre i voti racimolati due settimane fa. Segno che per la gran parte dei parmigiani – che siano di centro, di destra ma anche di quella sinistra rimasta fuori dall'alleanza (Rifondazione) – ha scelto di puntare sul nuovo rappresentato dal grillino, piuttosto che affidarsi all'usato sicuro impersonato dal candidato Pd che è riuscito solo a confermare (quasi) i precedenti consensi.

Grillo ora fa paura. «E adesso riprendiamoci in mano questo disgraziato Paese», digita sulla tastiera. Qualcuno ripensa alla Lega, all'exploit del partito di Bossi alle politiche del '92, seguite l'anno dopo dalla conquista di Milano contro il centrosinistra. Da allora sono passati vent'anni. Grillo ha la stessa forza, la stessa penetrazione che ebbero allora Bossi, Maroni e gli altri lumbard? Pur essendo fenomeni assai diversi, l'onda d'urto del Movimento 5 stelle protrebbe avere un'eco assai lunga. I grillini sono per ora concentrati al Nord, ma al contrario del Bossi del '92, Grillo ha un messaggio rivolto a tutta l'Italia. È quindi un avversario potenzialmente ancor più temibile. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno ieri rivelava: «Stimiamo che nella capitale (dove si voterà il prossimo anno, ndr) i grillini con un loro candidato arriverebbero al 10%». Maria Stella Gelmini, ex ministro del governo Berlusconi, arriva perfino a paragonare la «discesa in campo» dell'ex comico genovese a quella del '94 del Cavaliere perché – sostiene – anche il leader del M5s «è capace di intercettare il malessere dei cittadini». Per non parlare di Ignazio La Russa, coordinatore del Pdl, che senza reticenze ci tiene a far sapere che lui, se fosse stato a Parma, avrebbe «certamente» votato per Pizzarotti.

Il Pdl è allo sbando, la Lega in agonia e anche il Pd non gode di buona salute. Certo ora arriva la prima prova dei fatti per Grillo. «A Parma vince la democrazia sul capitalismo», è l'analisi del leader del Movimento 5 stelle. Bersani, il segretario del Pd lo sfida a confrontarsi sui grandi temi, a partire dal lavoro. Ma Grillo non sembra entusiasta dell'eventuale faccia a faccia. Preferisce affidare i suoi messaggi alla rete: «Reddito di cittadinanza subito», è lo slogan rilanciato ieri prendendo a riferimento il suicidio-omicidio di Brescia. I soldi non ci sono? «Non è vero», risponde sicuro, e cita a copertura i tagli ai rimborsi elettorali, ai fondi per i giornali, agli stipendi dei consiglieri regionali.

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