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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2012 alle ore 14:57.

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Da alcuni anni sui simboli elettorali di quasi tutti i partiti politici appare, scritto ben in grande, il nome del leader. Sul simbolo del MoVimento 5 Stelle c'è invece un indirizzo internet.

Ma la sostanza non cambia un granché, visto che il sito web è quello di Beppe Grillo. Ciò depotenzia parzialmente la pretesa secondo cui il successo del MoVimento 5 Stelle – che con la conquista del Comune di Parma e di altri municipi minori e con gli ottimi risultati elettorali ottenuti altrove ha scompigliato non poco il panorama politico italiano – sia nato tutto sul web. Infatti il capitale iniziale del M5S, cioè la grande popolarità del comico ligure, ha avuto nella Rete soltanto un'ulteriore consacrazione, ma è nata attraverso uno strumento assai più âgé, la televisione, e un altro canale che ha un po' più di duemilacinquecento anni, quel palco teatrale su cui, non troppi anni fa, un Grillo dai furori luddisti frantumava dei computer con impeto apotropaico.

Nel frattempo, per il profeta del movimento politico stellato il computer si è trasformato dal Male al Bene. E la Rete è così presente nel discorso politico di Grillo e dei suoi seguaci da sembrare, più che un mezzo per fare una politica nuova, un fine della politica nuova. Dire quindi che il grillismo sia nato sul web non è corretto ed è invece un'approssimazione più vicina alla realtà dire che si è sviluppato sul web. Con l'ausilio, peraltro, di una copertura televisiva del fenomeno del M5S che negli ultimi mesi è stata piuttosto intensa, al netto del rifiuto di Grillo di partecipare ai talk show e del fatto che gli esponenti del movimento hanno ricevuto l'interdetto ad apparire sugli schermi, un diktat che d'altra parte non tutti hanno accolto con uguale entusiasmo. Fatti tutti questi distinguo e dopo aver ricordato che anche i V-day, per quanto convocati con il tam tam internettiano, si sono tenuti in piazze fisiche e non virtuali, così come i comizi dei candidati stellati, non si può ovviamente negare che un utilizzo efficacissimo della Rete sia una componente fondamentale del MoVimento 5 Stelle.

La sede del M5S è virtuale, il sito beppegrillo.it; lo statuto, anzi il "non-statuto", riconosce alla "totalità degli utenti della Rete il ruolo di governo"; le discussioni tra militanti si svolgono sulla piattaforma MeetUp; e anche le vittorie elettorali si festeggiano nella piazza di Facebook, nel campiello di Twitter e nello slargo di YouTube all'urlo virtuale di "Forza Belin!" digitato dal leader all'arrivo dei primi dati parmigiani.
Il sito beppegrillo.it primeggia da anni nelle classifiche delle pagine web in lingua italiana con più contatti, il profilo Facebook del comico-politico ligure ha ricevuto 860.000 "mi piace" e i suoi tweets hanno suppergiù 563.000 followers, cioè il doppio, il triplo o il quadruplo di quelli degli altri politici più cinguettoni, come Nichi Vendola, Antonio Di Pietro o Pier Luigi Bersani.

Se nel web il M5S ha trovato il suo metodo per farsi strada in un panorama politico piuttosto ingessato, proprio nel web ha trovato anche le prime grane. Si tratta dei guai della democrazia diretta, quando il numero delle persone che vi partecipa diventa molto (e forse troppo) grande. Infatti anche in un movimento che pretende di applicare metodi decisionali perfettamente orizzontali, benché l'orizzontalità sia viziata fin dalle origini dall'esistenza di un "profeta", alcuni semplici militanti diventano fisiologicamente dei capetti. Ma se la discussione interna avviene attraverso la tastiera di un pc o di uno smartphone, bastano pochi colpi di dito e pochi secondi per aggredire le ambizioni di chi assuma comportamenti leaderistici. Il rischio di cui si vedono già le avvisaglie – alcuni grillini hanno già defezionato, altri si sono spostati su posizioni critiche – è quello di raggiungere ben presto il tasso di litigiosità e di frazionismo proprio di un gruppuscolo trotzkista. Per non parlare della velocità di diffusione e della capacità di penetrazione attraverso la Rete di ogni teoria complottarda, in cui tra l'altro i grillini paiono piuttosto versati.

È il caso, ad esempio, del diffondersi di dubbi sulla figura del principale collaboratore di Grillo sul versante web, l'editore del suo sito e consulente strategico Gianroberto Casaleggio. Da tempo circola su quelle stesse autostrade comunicative internettiane percorse dal MoVimento 5 Stelle la nozione che Grillo sia ormai "controllato", "eterodiretto" e che la sua zazzera grigia e la sua voce tonitruante non siano altro che l'interfaccia di un software confezionato in stanze più segrete e da altre mani. La Rete dice questo, la Rete lo smentisce, la Rete lo rilancia, la Rete lo rismentisce. Il rischio è che, eliminando gli organigrammi di un partito e mantenendo tutte le voci su un livello pari, affidandosi ciecamente alla Rete come setaccio per separare ciò che attendibile da ciò che non lo è, il dibattito si trasformi in un chiacchiericcio indistinto in cui ciascuno dice la sua.

Il MoVimento 5 Stelle ha per ora utilizzato con formidabile efficacia il web per la pars destruens, cioè per criticare l'esistente e farsi strada come alternativa. Già nella prima fase della pars costruens, e cioè l'individuazione dei candidati e il confezionamento dei programmi che rimangono perlopiù sul vago, ci sono state più frizioni tra i militanti. Ora che i grillini hanno anche responsabilità di governo e che quindi la pars costruens si fa più urgente, si vedrà se – al di là della promessa trasparenza, sempre attraverso la Rete, dell'attività degli eletti e della gestione dei soldi – il web sarà uno spazio esclusivo e altrettanto efficace di dibattito ed elaborazione politica.

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