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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2012 alle ore 07:21.

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La nuova grave crisi dentro il Vaticano, che ha visto una vera e propria defenestrazione del presidente della banca vaticana, è deflagrata nel giorno in cui papa Benedetto XVI ha parlato all'assemblea annuale dei vescovi italiani, spronandoli a compiere fino in fondo il loro ruolo di uomini di Dio. Sacro e profano, tutto dentro le mura leonine.

Risuonava ancora l'eco delle parole del portavoce padre Lombardi sull'ennesima fuga di documenti dalle sacre stanze («un atto criminoso») che è scoppiato un caso, nell'aria da tempo. E anche lo scontro sul denaro dello Ior era finito sui giornali, con dovizia di particolari senza precedenti nella storia millenaria della Chiesa. Ma che la vicenda fosse vicina a un epilogo era chiaro. Già la scorsa estate Ettore Gotti Tedeschi si era schierato contro l'operazione sul San Raffaele - ne ha parlato anche ieri - voluta dal cardinale Bertone e portata avanti dal presidente del Bambin Gesù, Giuseppe Profiti, manager della stretta cerchia bertoniana, come Marco Simeon, ora in Rai ma in passato a Capitalia e Mediobanca. Poi il braccio di ferro sulla normativa antiriciclaggio, lo scontro tra cardinali, intrecciato inevitabilmente con il concistoro di inizio anno, che ha visto prendere la porpora una folta rappresentanza di presuli vicini al segretario di Stato. Che - ripete chi non è a lui vicino - ha quasi 78 anni e potrebbe essere sostituito, avanzando i nomi del cardinale Piacenza o del "ministro degli Esteri" Mamberti. Totonomine che evidenzia come i nervosismi vadano crescendo di giorno in giorno, nonostante non vi sia neppure all'orizzonte l'ombra del Conclave. È che ormai a intervalli regolari (sempre più brevi) il Vaticano va in crisi: da quella del 2006 del discorso di Ratisbona fino a quella devastante dei lefebvriani, dalla tempesta diplomatica sui preservativi allo scoppio dei casi di pedofilia in mezzo mondo, fino al "caso Boffo", tornato alla ribalta dalla pubblicazione della carte del libro di Gianluigi Nuzzi Sua Santità.

E lo stesso Ior - che evoca uno degli scandali più grossi della storia italiana di trent'anni fa - ha visto sequestri di fondi, indagini della magistratura italiana e rogatorie all'estero per scoprire cosa si nasconde sotto quei conti. E sono solo alcuni dei dossier di difficile gestione passati forse troppo lontani dalla scrivania di Benedetto XVI, che più di una volta ha dimostrato di saper gestire le emergenze quando (troppo di rado) se ne occupa direttamente. Di cambi alla guida della segreteria di Stato non se ne parla, e la vicenda Ior lo dimostra. La modifica della legge che rovescia l'impostazione della riforma papale - e che mette in luce diversi modi di intendere i "sacri bonifici" e comunque differenti assetti di comando - è stata voluta dai vertici della Curia e pienamente condivisa dalla gran parte dei monsignori. Il Papa ne è rimasto fuori, a quanto risulta, anche se in più occasioni aveva manifestato a Gotti la sua vicinanza. E anche sulla vicenda del San Raffaele a Benedetto XVI erano arrivate le perplessità dell'espiscopato italiano, in testa il cardinale Angelo Bagnasco.

La resa dei conti è arrivata - e qualche influenza l'hanno avuta nel tempo anche le geometrie variabili della finanza "bianca" italiana - e con ogni probabilità i prossimi tempi saranno ricchi di rivelazioni e di carte. «Direi solo parole brutte» ha detto tra l'altro Gotti ieri, uscendo dalla sede della banca vaticana. Dove, l'ufficio del presidente non è nello storico Torrione Niccolo V che si scorge bene dalla Porta Sant'Anna, ma nell'adiacente piano terreno del Palazzo Apostolico, tre piani sotto l'appartamento papale. Quasi a segnare anche fisicamente un distacco della funzione di presidente da quella gestione, per statuto in mano al direttore generale, il controllore dei conti e del patirmonio, stimato in non meno di sei miliardi. Eppure quell'ufficio, arredato con vecchi divani di pelle chiara un pò consumati, era quello di monsignor Paul Marcinkus. E lui, i conti, li vedeva eccome.

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