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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2012 alle ore 09:47.
Poltrone scomode: secondo tempo. Per il neosindaco di Parma Fedrico Pizzarotti si apre una nuova giornata delicatissima e si approfondisce il solco delle rughe da politico. I dolori del giovane sindaco sembrano non avere mai fine: ultimo in ordine di tempo la nomina del nuovo direttore generale del Comune. Ruolo di strategica importanza nell'amministrazione che Pizzarotti avrebbe pensato di far ricoprire all'uomo più inviso a Beppe Grillo che, solo a sentirne pronunciare il nome perde di colpo tutta l'ironia.
In compenso gli avanza la furia, che di comico, è ormai cosa nota, non ha proprio niente. L'uomo del secondo tempo della saga 'poltrone scomode' è Valentino Tavolazzi. "Chi era costui?", ruminava tra sé Don Abbondio seduto sul suo seggiolone... E quindi chi sarebbe questo Tavolazzi, sconosciuto al popolo, a parte quello grillino? Trattasi di ex attivista del movimento, dove il presfisso ex sta per: epurato dal movimento. A buttarlo fuori, nello scorso mese di marzo è stato lo stesso padre (padrone?) Beppe Grillo. Spinosissimo Tavolazzi di cui, in un suo post datato 5 marzo 2012, il comico genovese scrive: «è consigliere a Ferrara per la lista civica "Progetto per Ferrara" appoggiata a suo tempo da me. Si candidò prima della nascita del M5S. Non ha purtroppo capito lo spirito del M5S che è quello di svolgere esclusivamente il proprio mandato amministrativo e di rispondere del proprio operato e del programma ai cittadini. Non certamente quello di organizzare o sostenere fantomatici incontri nazionali in cui si discute dell'organizzazione del M5S, della presenza del mio nome nel simbolo, del candidato leader del M5S o se il massimo di due mandati vale se uno dei due è interrotto. (...) A mio avviso ha frainteso lo spirito del M5S, ha violato il "Non statuto" e messo in seria difficoltà l'operato sul campo di migliaia di persone in tutta Italia. Per questo, anche di fronte ai suoi commenti in cui ribadisce la bontà di iniziative che nulla hanno a che fare con il M5S, è per me da oggi fuori dal M5S. Chi vuole lo segua». Altrimenti detto: questa è casa mia e qui comando io.
Tant'è che questo signor Tavolazzi, per quanto indigeribile all'intellighenzia grillina, appare piatto ghiotto a quella del neo sindaco Pizzarotti che lo avrebbe (condizionale di prudenza, non d'obbligo) per rivestire la carica di direttore generale al Comune di Parma. A motivare tale scelta l'esperienza nel ruolo già maturata a Ferrara da Tavolazzi.
Secondo tentativo di smarcamento di Pizzarotti, secondo dito nell'occhio per Grillo, che dopo avere incassato con inusitato aplomb il no grazie a un ritorno in piazza a Parma per la festa post vittoria elelttorale, questa volta s'arrabbia e striglia Pizzarotti, ma non solo. In un altro post pubblicato sul blog ieri definisce la scelta come "impossibile, incompatibile e ingestibile politicamente". Quindi tira la randellata agli indisciplinati, Federico Pizzarotti e Giovanni Favia (consigliere regionale che, sembra, abbia sostenuto la scelta di Tavolazzi): «Mi meraviglio che Tavolazzi si ripresenti ancora sulla scena per spaccare il Movimento 5 Stelle e che trovi pure il consenso di un consigliere del M5S dell´Emilia Romagna».
Tutto come da grillesco copione, non fosse che, come prevedibile, Valentino Tavolazzi non ci sta, ma grida (sussurra) al complotto sostenendo che dietro a questo livore non c'è la penna di Beppe, ma quella del burattinaio Gianroberto Casaleggio, l'editore del sito del Movimento 5 Stelle, nonché degli ultimi video di Grillo (e pure di qualcuno di Travaglio) da sempre indicato come vero deus ex machina del progetto 'non politico' grillino. "Conosco Grillo da anni e questo post è bugiardo, non è farina del suo sacco. Lassù qualcuno mi odia", la sintesi del Tavolazzi-pensiero.
Nessuna schiarita, dunque, al fosco orizzonte di Federico Pizzarotti, anzi le nuvole sulla sua testa sembrano essere cariche di fulmini: più o meno gli stessi che usava Zeus per punire gli uomini che peccavano di autonomia tentando di affrancarsi dal suo dispotico paternalismo.
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