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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2012 alle ore 15:45.

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Un documento dal titolo secco: «Voto e risoluzione di sfiducia». Due cartelle fitte con cui il board dello Ior ha licenziato Ettore Gotti Tedeschi dalla presidenza della banca vaticana. Il documento elenca in nove punti le contestazioni. I consiglieri parlano di «fallimento» anzitutto nel «portare avanti i doveri che spettano al presidente».

E poi una serie di altri specifici rilievi: «incapacità di essere informato sulle attività dell'istituto e mantenerne informato di conseguenza il Cda, non aver partecipato ai lavori del board, mancanza di prudenza e precisione nei confronti della politica dell'istituto, incapacità di fornire spiegazioni sulla diffusione dei documenti in possesso del presidente, diffusione di notizie imprecise sull'istituto, incapacità di rappresentare pubblicamente e difendere la banca di fronte a notizie imprecise da parte dei media, eccessivo accentramento, progressivi comportamenti sbagliati ed erratici». Insomma una dura lista della spesa che nel comunicato di giovedì era stata riassunta in poche generiche righe dove si parlava di un presidente che non ha svolto «funzioni di primaria importanza». Il documento è stato inviato per mail a Gotti Tedeschi dal consigliere del board che lo ha firmato, Carl Anderson - e che lo ha diffuso ieri sera alla stampa - perché l'ormai ex presidente aveva lasciato la sala dopo aver fatto un lungo intervento di 70 minuti in cui tra l'altro aveva annunciato le dimissioni prima del pronunciamento del consiglio, fatto questo duramente rimarcato nel documento.

Intanto chi lo ha visto nelle ultime ore lo ha trovato «provato e amareggiato». Gotti Tedeschi da giovedì sera è tornato nelle sue terre del piacentino, mentre a Roma il "licenziamento" è stato ratificato dai cardinali che governano dall'alto lo Ior. Da indiscrezioni di una persona a lui vicina emerge che il banchiere in queste ore sta valutando tutte le affermazioni sul suo conto e che sta riflettendo sulla necessità di stendere una memoria indirizzata personalmente a papa Benedetto XVI, un documento dove – avrebbe aggiunto – «spiegherò la mia verità, che nessuno conosce».
La vicenda quindi è destinata a conoscere nuovi particolari. Dal Vaticano si tende ora a evitare nuovi commenti sul licenziamento del presidente. Venerdì la commissione cardinalizia di vigilanza presieduta dal segretario di Stato, Tarcisio Bertone – a cui il board ha inviato i documenti – ha preso atto della sfiducia del consiglio di sovrintendenza e ha ratificato il subentro ad interim del vice presidente Ronaldo Hermann Schmitz, 73 anni, tedesco nato a Porto Alegre (Brasile), ex ad della Deutsche Bank. Ma la decisione di non emettere al termine della riunione un comunicato ufficiale è il segno della volontà dei vertici curiali – ma soprattutto dell'appartamento papale, dove Gotti Tedeschi è comunque stimato – di far rientrare lo Ior nel cono d'ombra. Entro luglio dovrebbe essere identificato il nuovo presidente: se la nomina avverrà all'interno dell'attuale consiglio, ambienti qualificati fanno notare che la scelta potrebbe cadere su Antonio Maria Marocco, notaio di Torino e membro del cda UniCredit.

Fonti d'Oltretevere che hanno seguito la vicenda rilevano che la sfiducia non ha motivazioni politiche o riferibili a scontri interni, ma esclusivamente riguardanti la governance dell'Istituto, tema sollevato più volte durante la riunione (anche dallo stesso presidente). Ma c'è anche chi nota che un altro motivo per cui la commissione cardinalizia non ha fatto comunicazioni ufficiali potrebbe anche essere il sintomo che non ci sarebbe stata unanimità, come è invece è stata sottolineata per il board dei membri laici. Infatti all'interno della commissione siedono Bertone e il cardinali Nicora – oltre al francese Tauran, il brasiliano Scherer e l'indiano Toppo – che da tempo si stanno confrontando sulla legislazione che deve regolare la trasparenza delle finanze pontificie. Nicora, presidente dell'Autorità di informazione finanziaria, si è visto ridurre il perimetro di competenze assegnategli dal Motu Proprio del 2010 dalla legge dello scorso gennaio e che ha previsto un ampliamento degli organi vigilanti sui "sacri bonifici".

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