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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2012 alle ore 09:40.

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Per quanto tu sia potente e possa disporre del destino della tua gente fino al massacro e al genocidio, un giorno potrai anche pagare per i tuoi misfatti: sembra una lezione semplice quella della giustizia terrena e internazionale ma è forse l'unico messaggio che può consolare i popoli che ancora soffrono la crudeltà di dittatori e signori della guerra.

Non sempre i massacratori la fanno franca, anzi, con maggiore frequenza rispetto al passato sono catturati e portati davanti a un giudice. Charles Taylor, 64 anni, condannato ieri all'Aja, era uno di loro, come Milosevic a Belgrado, Mladic a Srebrenica, Karadazic a Sarajevo, come molti altri autori e mandanti dei genocidi del Ruanda e del Congo passati in questi anni alla sbarra dei tribunali speciali e della Corte penale internazionale.

L'ex presidente della Liberia è stato dunque condannato a 50 anni di reclusione dai giudici dell'Aja e riconosciuto colpevole di crimini contro l'umanità e per i crimini di guerra commessi in Sierra Leone tra il 1996 e il 2002. Taylor insiste sulla sua innocenza e presenterà ricorso in appello. Nel pronunciare la sentenza il giudice Richard Lussick ha affermato che i massacri in Sierra Leone sono stati tra i più atroci nella storia dell'umanità.

Le parole di Lussick mi ricordano quanto ho sentito qualche tempo fa dal giudice italiano Silvana Arbia, ora capo cancelleria del tribunale penale dell'Aja, che per anni ha dato la caccia agli autori del genocidio in Ruanda, un milione di morti. «Il mio mondo era ormai popolato da decine di persone dal passato inimmaginabile che si erano macchiate di crimini terrificanti. A volte mi accadeva di sperare che tutto ciò che ascoltavo non fosse vero. Nel segreto di me stessa desideravo che fosse tutta un'enorme, assurda, crudele montatura. Ma ogni volta dovevo subito ricredermi: le prove era solidissime e ricostruivo con pazienza atti d'accusa il più possibile inattaccabili di un mosaico dell'orrore che ricomponevo pezzo per pezzo e ogni singola tessera, anche la più piccola, grondava sangue».

C'è una storia del mondo contemporaneo che dovremmo ricostruire leggendo e rileggendo gli atti dei tribunali internazionali: la memoria di queste tragedie, scorrendo gli eventi siriani di questi giorni, non sembra mai abbastanza pronta e allenata.

Ma per capire quanto è accaduto tra la Liberia e la Sierra Leone non possiamo fermarci alla sentenza. Perché Charles Taylor, che in tribunale appariva in blazer blu e cravatta gialla come un maturo signore con gli occhiali dall'aspetto tranquillo, è stato per diversi anni un feroce dittatore e predatore di diamanti che godeva di un certo appoggio internazionale.
Cinico e sanguinario, Taylor aveva una personalità multiforme. Da guerrigliero che aspirava al potere si presentava ai vertici africani in tenuta da combattimento e occhiali scuri, da presidente indossava il doppiopetto, ma la sua migliore interpretazione, come un tragico showman, era quella del predicatore.

Quando nel 1999 le Nazioni Unite lo accusarono di servirsi della guerriglia in Sierra Leone per trafugare diamanti e fare commercio d'armi, apparve davanti a una folla immensa vestito di una bianco immacolato da capo a piedi. Era stato un devoto cristiano battista e si vedeva: voleva dare al pubblico l'immagine della purezza e dell'innocenza.

Taylor salì su un palco e cominciò ad arringare la folla battendosi il petto e prostrandosi a terra invocando il perdono del Signore per i suoi peccati e per quelli dell'umanità. Alla fine della sceneggiata si dichiarò naturalmente innocente dalle accuse che gli avevano rivolto le Nazioni Unite e continuò tranquillamente ad ammazzare e rubare come prima. Fino a quando nel 2003 fu costretto alla fuga in Nigeria e arrestato al confine con il Camerun su un'auto ricolma di sacchi di dollari. Dalla metà degli anni '90 fino all'ultimo Taylor fu il grande padrino dei "diamanti di sangue".

Il suo sistema di governo, non diversamente da molti cacicchi africani, era basato sul saccheggio: sfruttando la povertà endemica di Liberia e Sierra Leone e agitando i fantasmi dei conflitti etnici, Taylor reclutava masse di giovani disperati per lanciarli in guerre, massacri e ruberie. Fu così che in Sierra Leone appoggiò la principale fazione antigovernativa, il Fronte Rivoluzionario Unito, il Ruf: i miliziani del Ruf combattevano per fame, i capi del movimento e Taylor si accaparravano i diamanti con i quali pagavano mercenari stranieri e armi.

Il prezzo del sangue era questo: sul mercato di Anversa i diamanti provenienti ufficialmente dalla Liberia passarono da 150mila a 2 milioni di carati in un paio d'anni. In realtà la maggior parte veniva dalla Sierra Leone e costituiva il bottino dei leader del Ruf e di Taylor che sfruttava anche le concessioni delle miniere di bauxite e di oro.

Ci si chiede molte volte quali siano i rapporti di causa-effetto tra povertà e guerra in Africa. La miseria e la mancanza di opportunità economiche e sociali tra i giovani sono stati i fattori principali che hanno fatto esplodere i conflitti nell'area occidentale del Continente. E personaggi come Charles Taylor, mandando intere generazioni al massacro, hanno fatto leva sulla loro disperazione: hanno rubato i diamanti e i loro sogni.

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