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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2012 alle ore 06:36.

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FINALE EMILIA. Dal nostro inviato
Immaginate un forno lungo 120 metri, che pesa un numero imprecisato di tonnellate. La violenta scossa tellurica di due domeniche fa, l'ha fatto crollare dai binari dov'era appoggiato e ora bisogna rialzarlo. «È difficile dire quanto ci vorrà – dice sconsolato Paolo Bonvicini, un tecnico di Opera, una delle tante aziende ceramiche del Modenese – per il semplice motivo che bisogna inventarsi tutto di sana pianta: non era mai successo nulla del genere». Ieri erano in programma i primi tentativi di recupero, ma la scossa alle 9 di mattina ha rimesso tutto in gioco.
Non si può dire che il sisma abbia messo in ginocchio l'industria emiliana della piastrella, in questo distretto produttivo che sforna il 73% della produzione nazionale: la maggior parte degli stabilimenti sta di casa a Sassuolo, dove la terra che trema ha generato paura ma nessun danno. Però ha seriamente compromesso le attività industriali più a nordest, fra Camposanto (dove ha sede Opera) e Finale Emilia, dove Marazzi, Panariagroup, Atlas Concorde, Abk e Moma hanno dovuto interrompere la produzione: tutti i forni si sono disallineati. E non si tratta di forni qualunque.
«Quando è arrivato il primo sisma – dice Andrea Vizzini, un'operaio ceramico di Finale Emilia incontrato in un centro per sfollati, che non vuol dire il nome dell'azienda per la quale lavora – il nostro forno era acceso a 1.200 gradi centigradi. Ci vogliono due giorni per spegnere una macchina del genere. Si è anche spezzata una conduttura di metano: diciamo che, a conti fatti, è andata bene». Ed è andata bene che nessuno dei capannoni sia crollato, con la triste eccezione della Ceramica Sant'Agostino, che col prima sisma ha avuto due vittime.
«Dei nostri sette forni – racconta all'ingresso della fabbrica Giuliano Pini, amministratore delegato in maniche di camicia della Panariagroup – cinque si sono disallineati e altri due hanno registrato minori problemi. Contiamo di riavviare parte della produzione fra un mese. Ma credo ce ne vorranno tre per tornare alla normalità». I 320 operai della fabbrica andranno inevitabilmente in cassa integrazione. E i danni? «Li stimiamo fra i 10 e i 15 milioni di euro – risponde Pini – ma senza tenere conto della mancata produzione».
Già, le piastrelle. I frutti decennali dell'imprenditoria emiliana, già oggetto di case history nelle università di mezzo mondo, restano impilati sui pallet nei magazzini a cielo aperto. «Da noi sono crollati 300mila metri quadri di piastrelle già pronte per la spedizione», confessa Bonvicini. «Adesso bisognerà aprire i pacchi e controllare le piastrelle una ad una», lamenta Vizzini. «I danni complessivi del primo sisma – spiega Andrea Serri di Confindustria Ceramica, che ha ovviamente sede a Sassuolo – si aggirano sui 110 milioni di euro. Si tratta di una stima ancora provvisoria, ma che non sembra essere stata particolarmente aggravata dall'ultimo sisma».
La scossa tellurica di ieri però, qualcosa ha aggravato: il morale dei lavoratori e della gente. «Mentre ci stavamo preparando ai lavori di ricostruzione – ammette Pini – il nuovo sisma ha minato l'ottimismo». Anche perché, come ieri commentavano nei bar di Finale Emilia – dove l'argomento di dibattito è all'improvviso uno solo – non è stata una scossa di assestamento, ma un nuovo terremoto vero e proprio. E infatti, le tende nei giardini della case, i camper presi a noleggio e anche le fughe dall'epicentro («Per fortuna che stamattina ho portato la famiglia a Milano», dice un addetto alla sicurezza di Panariagroup) parlano chiaro: la Pianura Padana, nonostante la diffusa credenza, non è immune dai terremoti.
Dopo quello di ieri, l'industria ceramica di Finale Emilia a dintorni vede il tanto ambito ritorno alla normalità che si allontana.
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CLUSTER D'ECCELLENZA

4,2 miliardi
Il distretto diffuso
Quello della ceramica è uno dei settori principe del made in Italy e si colloca soprattutto nei dintorni di Sassuolo (fuori dall'area più colpita dal terremoto). Ma ha una coda importante – di almeno una decina di aziende – sull'asse tra Finale Emilia, nel Modenese, e Sant'Agostino, nel Ferrarese. Il giro d'affari totale supera i 4 miliardi
20mila
Gli addetti
Sono circa 20mila gli addetti complessivi di un settore che in regione conta 100 aziende per quasi 400 stabilimenti

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