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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2012 alle ore 11:32.

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Roma si prepara ad accogliere due allenatori che fino a pochi mesi fa nessuno avrebbe considerato papabili per una grande squadra. Stiamo parlando di Zdenek Zeman, teorico del gioco spettacolare e dell'attacco all'arma bianca (primo comandamento: segnare, e farlo il più possibile), che è tornato ad occupare le prime pagine dei giornali sportivi e non solo grazie alla prodigiosa cavalcata del suo Pescara in serie B, e di Vladimir Petkovic, tecnico bosniaco che ha fatto fortuna in Svizzera e che ora potrebbe vestire di celeste per scelta del patron della Lazio, Claudio Lotito, che ha visto in lui il miglior erede possibile di Edy Reja.

Per entrambi, dovrebbe essere soltanto questione di ore, l'ufficialità è attesa a stretto giro di posta. Saranno loro a guidare la Roma e la Lazio nella prossima stagione.

Così lontani, così vicini. Zeman e Petkovic hanno almeno due punti in comune. Il primo, il più evidente: nessuno gli ha mai regalato niente. Hanno costruito le loro fortune con la forza della determinazione e dell'entusiasmo. Zeman ha di fatto inventato un nuovo modo di giocare a pallone. Il Foggia dei primi anni Novanta era un concentrato di talento e di idee applicate a un pallone. È' stato alla Lazio, poi alla Roma, dove tornerebbe dopo 13 anni di saliescendi in giro per l'Europa a rispondere a chiamate di ventura per dare forma a progetti più o meno consistenti. Zeman ha pagato caro il suo modo di vedere il calcio.

La storia infinita con la Juventus gli ha messo contro buona parte del pallone che conta in Italia. Per gli altri, per tutti gli altri, è sempre stato visto come un grandissimo, un personaggio del quale non si poteva fare a meno.

Petkovic non ha mai badato all'etichetta. Dopo aver appeso le scarpette al chiodo, al termine di una carriera da calciatore tutt'altro che esaltante, il tecnico di Sarajevo ha deciso di lavorare come operatore sociale alla Caritas del Canton Ticino. Di mattina andava a recuperare oggetti da sistemare e da mettere in vendita per beneficienza e nel pomeriggio andava a dirigere gli allenamenti delle squadre della zona. Giusto per rimanere con i piedi ben piantati a terra e non correre il rischio di fare il capitombolo da un momento all'altro. Fino a poche settimane fa lo conoscevano in pochissimi. Anche tra gli addetti ai lavori. Ha fatto discretamente bene al Bellinzona e alla guida dello Young Boys. Ma il vero colpaccio è arrivato pochi mesi fa, quando è stato chiamato dal Sion per salvare il club svizzero dalla retrocessione (meno 36 punti in classifica per illeciti commessi in Europa League). Ce l'ha fatta nei playout, un mezzo miracolo. Ma che fatica.

Il secondo punto in comune tra i due è la passione per il calcio offensivo, della serie meglio vincere 4 a 3 che 1 a 0. Sul tema, di Zeman si è già detto e scritto tutto. Al 65enne profeta di Praga piace il calcio spumeggiante, tanto spettacolo, tanti gol e tanti rischi in difesa. Non è un caso che gli attaccanti che giocano con lui segnino sempre tantissimo. E che i suoi portieri, di contro, abbiano male alla schiena a furia di raccogliere palloni in fondo alla rete. Alla Roma ritroverebbe Totti, un amico, un giocatore al quale è legatissimo. Il capitano potrebbe farsi interprete con i compagni dei desiderata di Zeman. Borini, Bojan e Osvaldo non hanno ancora finito di festeggiare. Certo, dovranno faticare e correre come probabilmente mai prima d'ora, ma quante soddisfazioni sotto porta.

Petkovic ha spesso e volentieri schierato le sue squadre con tre attaccanti dal primo minuto. Che sono chiamati a fare gioco in avanti e a rientrare quanto basta per non fare sudare oltremodo i centrocampisti in fase di ripiegamento. Chiaro, sono cambiati gli orizzonti. Perché se fino a qualche settimana fa, il tecnico bosniaco era chiamato a fare l'impresa con giocatori semisconosciuti come Danilo, Mrda e Ianu, ora potrà contare su Klose, Rocchi e Kozak. Tanto per cominciare, si intende. Perché è probabile che Lotito gli farà qualche regalo da qui alla fine del calciomercato. Da Sion a Roma il passo è lunghissimo, anzi abissale: meglio non farsi trovare impreparati.

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