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Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2012 alle ore 07:14.

«Profondo e amaro turbamento interiore che ci assale quando ci rendiamo conto di aver agito o parlato in maniera riprovevole o disonorevole… anche con manifestazioni esteriori, specie il rossore, causate da tale turbamento». Così il vocabolario della lingua italiana Devoto-Oli alla parola "vergogna".
Vergogna che va, vergogna che viene. L'invettiva di Gianluigi Buffon in meno di 24 ore si è rivelata un boomerang. I vergognosi cronisti che sbattono il mostro in prima pagina danno conto di una nota informativa che stavolta riguarda proprio il portiere di Juve e Nazionale.
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Saranno i giudici a decidere se i 14 assegni che Gianluigi Buffon staccò da gennaio a settembre di due anni fa in favore di un tabaccaio di Parma erano volti a tutelare il suo patrimonio personale, come dice l'avvocato, o erano denaro destinato alle scommesse.
Di sicuro da stasera il portiere di Juve e Nazionale avrà molto da riflettere su quanto accaduto e sulle troppe parole dal sen fuggite.
Strano tipo questo giovanotto e non da oggi e non sai mai chi si cela dietro quell'aria da compagno di merende. E' uno che un giorno non sa, non ha visto e l'altro la sa troppo lunga. Tempo fa indossò una maglia con il numero 88 che rimandava al saluto hitleriano. Alla comunità ebraica romana che denunciò il fatto, rispose di non saperne nulla. Tempo dopo la canottiera indossata con la scritta "boia chi molla" e i saluti ai tifosi che inneggiavano al camerata Buffon. Anche in questo caso disse che i cronisti avevano fatto confusione.
Dalle scivolate della politica a quelle più recenti sui campi di calcio, di pubblico dominio. Dopo la respinta oltre la linea di porta durante l'ultimo Milan-.Juve rispose che anche se si fosse accorto avrebbe taciuto. Infine le dichiarazioni sui pareggi di convenienza e l'attacco ai magistrati al grido di vergogna di queste ultime ore.
C'è chi scambia questi atteggiamenti per l'ingenua semplicità di un atleta che ha il coraggio della verità.
Ma se la verità è quella che Buffon illustra con i suoi comportamenti, c'è poco da stare allegri. La convenienza personale e di club viene prima del rispetto di regole elementari di correttezza.
Come si può allora dimenticare che a questo ragazzo è stata data la fascia di capitano della nazionale ed è stato affidato il compito di ripetere parole pesanti dinnanzi al presidente della Repubblica di richiamo ai doveri morali dei politici italiani?
Al di là dell'esito dell'inchiesta che lo riguarda, il mali del calcio si rivelano in tutta la loro ampiezza anche dai simboli che s'è scelto. Lo diciamo soprattutto a Cesare Prandelli, uno dei pochi che in questo ambiente possono ancora giustificare rigurgiti di passione per il calcio.
Non sono purtroppo una manciata di "sfigati" quelli che hanno reso il calcio il barnum che conosciamo. Sono le società indebitate fino al collo che producono voragini di debiti e che accettano i ricatti degli ultras dentro e fuori gli stadi, sono gli scandali in serie da molti decenni a questa parte.
Il calcio è marcio per colpa degli sfigati e soprattutto di coloro che li sostengono con la connivenza e il silenzio. Dai massimi dirigenti dello sport più amato dagli italiani si sentono anche in queste ore solo parole di prudenza ipocrita. Che altro ci vuole? Intanto la gente per bene se ne va. Forse è questo il senso della provocazione del presidente Monti. Non a caso bersaglio degli insulti di padroni del vapore abituati a considerare questo gioco come terreno di caccia personale. Giochino da soli, se vogliono e chiamino Buffon come uomo immagine.
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