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Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2012 alle ore 06:38.

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Tutto è incominciato in Uttar Pradesh ed è finito, per ora, sotto la "soglia psicologica" della crescita al 6%. Il 5,3 annunciato ieri per il primo trimestre 2012 è sempre più lontano dal 9,2 dell'anno scorso e - mai ritmo così lento in quasi dieci anni - sempre più vicino al "tasso di crescita hindu", come lo definiva Amartya Sen, che per decenni permetteva solo di assorbire la demografia ma non di garantire un futuro al Paese. Insomma, l'India è in crisi. Diversamente dagli altri Brics, la causa non è l'Eurozona, la recessione globale o il prezzo del petrolio, ma l'India.
Appunto l'Uttar Pradesh, tre mesi fa. Elezioni locali. Il Congress per il quale si era impegnato direttamente Rahul Gandhi, il principe ereditario della Famiglia, non si limita a perdere: arriva quarto. È una rotta. Lo UP è lo Stato più popoloso dell'India: ha 200 milioni di abitanti, quanti il Brasile, e 126 di elettori. Amethi e Rae Bareli sono da sempre i collegi elettorali dei Nehru-Gandhi. L'indebolimento del Congress si riverbera sul Governo centrale di Delhi dove il partito di Sonia guida dal 2004 una coalizione chiamata Alleanza progressista unita.
Fino a che il Congress era forte, la famiglia in sella, la corruzione e gli scandali lontani, il "Programma minimo comune" della coalizione - così poco promettente a partire dal nome - non era un ostacolo. Le riforme procedevano e la crescita si stabilizzava al di sopra dell'8%, in viaggio verso un mitico 9. Ora che l'asse Sonia Gandhi alla guida del partito e Manmohan Singh a quella del Governo non è più così solido e i poteri locali si rafforzano, le riforme sono bloccate: sistema bancario, assicurazioni, aeroporti. È tutto fermo.
Senza un Congress forte al centro la "seconda generazione" delle riforme indiane non può affrontare il mare tempestoso dell'opinione pubblica della più grande e complessa fra le democrazie mondiali. Senza riforme la crescita annuale cala al 6, forse anche meno. Per un tasso così l'Europa farebbe carte false. Ma in India un punto in meno di crescita significa milioni di persone destinate a restare povere: meno risorse, più populismo.
Da ieri l'India è paralizzata da uno sciopero proclamato non solo dalle opposizioni, contro l'aumento della benzina annunciato dal Governo: il petrolio risale e la rupia scende del 25% sul dollaro. Ma ai leader locali populisti, con agende politiche che non vanno oltre le elezioni nei loro Stati, questo non importa. Era già accaduto nell'ultimo bilancio, a marzo, quando il ministro delle Ferrovie (30 milioni di passeggeri al giorno e 114mila chilometri di rotaia) aveva proposto un moderato aumento del costo dei biglietti. Il Governo era d'accordo, Mamata Banerjee no. Poiché Mamata è il chief minister, cioè il premier del Bengala Occidentale e capo di un partito (del quale era membro anche il ministro delle Ferrovie) decisivo per la sopravvivenza della coalizione, l'esecutivo ha dovuto licenziare il ministro e sospendere gli aumenti. Banerjee è la stessa che a dicembre aveva bloccato un accordo milionario siglato con Walmart per l'apertura con partner locali di decine di centri commerciali.
Ad aprile l'inflazione indiana è salita al 7,23%. Per la prima volta da molti anni la Banca centrale ha abbassato i tassi d'interesse dall'8,5 all'8. Ma la sempre più potente periferia politica fa i suoi conti locali, per lo più elettorali. Il caso dell'Uttar Pradesh ha dimostrato in modo eclatante la debolezza del Congress che nella sua caduta ha spinto con sé il principale alleato locale. Ma il processo di disgregazione del potere decisionale centrale è in corso da tempo.
Non è la stessa spinta centrifuga degli anni '70, ai tempi di Indira Gandhi: dal Punjab al Tamil Nadu, allora i movimenti separatisti mettevano in discussione la formula gandhiana (del Mahatma che non era parente della famiglia Nehru-Gandhi) dell'"Unità nella diversità". Quello di oggi è un egoismo economico e una presunzione politica enfatizzate dalla debolezza del centro. Anche i nostri due marò nel Kerala in qualche modo ne sono vittime. Ma dai tempi pericolosi di Indira mai l'essenza dell'Unione indiana, capace di generare crescita per tutti, è stata così in discussione.
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