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Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2012 alle ore 06:38.

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DUBLINO. Dal nostro inviato
Nonostante la bassa affluenza alle urne il referendum sul Fiscal Compact sarebbe stato approvato dagli irlandesi con un margine di oltre tre a due. Lo indicano fonti del governo di Dublino dopo la chiusura dei seggi.
Gli irlandesi si erano messi in coda fin dalle 7 per votare il referendum sul Fiscal Compact, il nuovo patto di stabilità: se Dublino dovesse bocciarlo, non potrebbe avere accesso ai finanziamenti a basso costo dell'Esm, il nuovo fondo salva-Stati. Un rischio non trascurabile per un Paese che, per far fronte al crack bancario (di cui si è accollato i debiti, versando agli istituti 64 miliardi in quattro anni), dal 2010 è sotto programma Ue-Fmi, in cambio di un prestito da 67,5 miliardi; ma anche uno schiaffo all'Europa e alle misure draconiane di matrice tedesca imposte per il risanamento.
«Dobbiamo puntare sulle nostre risorse - dice con fierezza tutta irlandese John McDara, 54 anni, personal trainer - tutto quello che c'era da fare l'abbiamo fatto. Dobbiamo essere indipendenti dall'Europa, non voglio più dare ad altri i miei soldi. E dico basta anche ai partiti che aprono la porta alle società straniere».
L'affluenza nella prima parte della giornata è stata bassa: alle 18, secondo i dati diffusi da Rte, principale emittente televisiva nazionale, era andato alle urne solo il 30% dei 3,1 milioni di irlandesi aventi diritto, anche se ci si attendeva un recupero nelle ultime quattro ore di voto. A urne chiuse infatti le stime indicavano un 50% di partecipazione. Rimane da capire se sarà sufficiente a scongiurare i timori dei fautori del sì, favoriti dai sondaggi con 15-20 punti percentuali di vantaggio: l'astensione infatti gioca tradizionalmente a favore del partito del "no", come già dimostrato dai due referendum sui trattati di Nizza e Lisbona, bocciati in prima battuta nel 2001 (con un'affluenza del 34,8%) e nel 2008 (53,1%), per essere poi approvati con qualche aggiustamento e un po' di votanti in più l'anno successivo, senza comunque mai toccare il 60%.
Il voto di ieri, a differenza di quelli di allora, non è decisivo per l'entrata in vigore del Fiscal Compact, a cui è sufficiente la ratifica di 12 Stati sui 25 firmatari (finora sono cinque, con quella della Danimarca ieri), ma un "no" avrebbe un indubbio significato politico per la traballante architettura europea.
Con il passare delle ore, al seggio di Marlborough Street agli euroscettici, più arrabbiati e mattinieri, si sono affiancati i fautori del sì. «Credo che un voto favorevole sia un elemento portante per la ripresa e per mostrare il nostro attaccamento agli ideali europei - chiarisce John O'Hara, avvocato 37enne -. In secondo luogo ci garantisce l'accesso ai fondi dell'Esm». «Senza quei soldi saremmo nei guai! - gli fa eco con toni più pragmatici Jack, pensionato di 69 anni -. Abbiamo bisogno dell'Europa e dei suoi finanziamenti».
Nelle parole dei dublinesi si sente l'eco della vibrante campagna messa in atto dai due campi, delle loro argomentazioni e slogan spesso semplicistici che tappezzano i lampioni di Dublino, dall'aeroporto fino agli edifici governativi della capitale. «Io ho votato no - dice Robert Ludd, due bimbi di 5-6 anni per mano -. Bisogna smettere di farsi prestare soldi dalle banche tedesche e francesi, possiamo cavarcela da soli: senza austerity e senza altri prestiti». «Il mio no è essenzialmente contro il Governo - chiarisce Margaret McCarthy, 53 anni, operatrice sanitaria -. Avremo più austerity? Chissà se ci stanno raccontando la verità… i sostenitori del no dicono che una soluzione si troverà comunque».
Le operazioni di voto sono proseguite fino alle 22 di ieri, lo spoglio comincerà soltanto stamattina alle 9 e i risultati sono attesi nel pomeriggio-prima serata. «Certamente ci sarà ancora austerity, chiunque vinca - commentava ieri mattina rassegnato John Corry, 35 anni, perito contabile -. Il futuro in ogni caso sarà fosco». Come il cielo ieri a Dublino: grigio stabile, senza la sua caratteristica e straordinaria mutevolezza; deprimente, come i negozi sfitti o la valanga di annunci sulle belle case georgiane in vendita a Merrion Square: a ricordare la bolla immobiliare, inizio e fine del sogno di grandezza irlandese.
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UN VOTO PER L'EUROPA

Il referendum
Ieri gli irlandesi hanno votato con referendum (nella foto manifesti a Dublino) l'approvazione del fiscal compact, il trattato Ue che detta le regole per il risanamento e la stabilità dei conti pubblici
L'Irlanda è il solo Paese ad aver sottoposto il sì al fiscal compact a una consultazione popolare. Gli altri 25 Paesi firmatari (Regno Unito e Repubblica ceca sono rimaste fuori), hanno fatto ricorso alla ratifica parlamentare
I seggi si sono chiusi alle 23 di ieri e i risultati ufficiali arriveranno oggi pomeriggio, l'affluenza alle urne è stata molto bassa
Il risultato
I sondaggi, alla vigilia del voto, davano il sì in vantaggio di circa 18 punti
In caso di vittoria a sorpresa del no, non ci sarebbero gravi conseguenze per il fiscal compact (che entrerà in vigore non appena sarà ratificato da 12 Paesi firmatari - ieri è arrivato il sì della Finlandia e della Danimarca)
Per l'Irlanda, invece, la vittoria del no potrebbe avere conseguenze importanti, perché precluderebbe a Dublino il ricorso alle risorse del Fondo salva Stati Esm nell'eventualità di un secondo salvataggio del Paese, dopo quello del 2010

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