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Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2012 alle ore 07:17.

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L'Università di Bologna, e precisamente la facoltà di Psicologia, si mobilita per i terremotati emiliani alle prese con l'ansia e l'angoscia provocate da quello che sembra un infinito sciame sismico. E' nato così l'opuscolo "Quando il terremoto continua. Strategie per gestire la paura e lo stress durante lo sciame sismico", autore di questo piccolo prontuario di sopravvivenza è Luca Pietrantoni, professore associato di Psicologia dell'emergenza, disciplina che si occupa proprio di cosa accade alla mente durante eventi catastrofici come quelli che hanno colpito l'Emilia nelle ultime due settimane.

Professor Pientrantoni innanzitutto cosa succede a una persona che vive la crisi di un terremoto come questo?
Ovviamente non si possono generalizzare le reazioni, ma diciamo che spesso chi si trova a sperimentare una catastrofe incontrollabile come un terremoto è costretto a confrontarsi con una insolita situazione di incertezza, con lo smarrimento che ne deriva, con la difficoltà di avere una progettualità per il domani. Ansia e paura, assieme a rabbia e frustrazione sono i sentimenti dominanti.

Scusi, ma che c'entra la rabbia: uno non se la può mica prendere con il terremoto. Il terremoto è un evento naturale, incontrollabile.
Appunto per questo: si vive nella sensazione di poter controllare gli eventi e il terremoto, per sua natura, non è controllabile. Non si può prevedere né quando né dove arriverà: questo è frustrante in prima battuta, quindi suscita rabbia. La rabbia che deriva dal senso di impotenza.

Sul piano fisico cosa succede?
Anche in questo caso le reazioni sono le più diverse: laddove non esistono patologie pregresse, come attacchi di panico o ansia patologica ad esempio, in generale si trovano comunque veri e propri picchi di ansia che provocano l'aumento dei livelli di adrenalina e cortisolo a loro volta responsabili della tachicardia e di tutte le sensazioni di disagio fisico che più o meno si sono sperimentate durante la scossa violenta di terremoto.

A questo punto però che cosa deve fare una persona che all'improvviso ha perso la sua quotidianità e si ritrova senza casa, in tenda, e magari anche senza più un lavoro?
Nell'opuscolo diamo tre tipologie di consigli per superare questa fase che toccano l'ambito comportamentale, cognitivo e sociale. Per quanto riguarda il comportamenti consigliamo di cercare di recuperare appena possibile proprio la quotidianità, di distrarsi con occupazioni piacevoli. Se si hanno problemi di insonnia di evitare tutte le sostanze eccitanti e comunque di ricorrere ai farmaci solo sotto controllo medico. Da un punto di vista cognitivo il consiglio migliore è di cercare di informarsi su quello che sta accadendo: questo non permette di controllare l'evento, che è incontrollabile, ma conoscendolo spesso ci si rasserena un po'. Infine per quanto riguarda il comportamento sociale l'indicazione migliore è di cercare di parlare di quello che si prova, di confrontarsi. Si scopre spesso che le sensazioni sgradevoli che si provano sono comuni e condivise.

E se una persona soffre di disturbi psicologici come crisi d'ansia o di panico?
Questi consigli sono linee guida generali: chi ha problemi più profondi è chiaro che deve cercare aiuto da uno specialista. Nelle tendopoli ce ne sono molti a disposizione.

Una provocazione professore: ma non le sembra che il terremoto in realtà sgretoli la presunzione di controllo che l'uomo ha rispetto agli eventi naturali (e non)? Insomma che alla fine lo riconduca all'ordine?
In una certo senso sì. Eventi come questo frantumano gli assunti principali che diamo per scontati e per i quali tendiamo a pensare, almeno a livello sociale, di controllare tutto, dimenticandoci dell'interdipendenza dei fenomeni. Il terremoto, in maniera drammatica, riporta l'uomo alla sua dimensione. Dimensione di umana finitezza, appunto.

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