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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2012 alle ore 07:04.

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Unione bancaria, unione di bilancio, unione politica. Le espressioni ormai si sprecano e si ripetono. Tutti i 17 Paesi della zona euro sanno ormai che la soluzione della crisi debitoria richiede un rafforzamento dell'integrazione, ma a dividere i Governi è la strada da percorrere per raggiungere questo obiettivo. Da mesi ormai la Germania federale sta insistendo per una cessione di sovranità, dalla periferia al centro. Altri Paesi, a iniziare dalla Francia, hanno finora frenato.
Anche la Germania è convinta che lo sconquasso finanziario richiede una risposta politica e strutturale. La questione non è tanto se bisogna unire i bilanci o le banche. Secondo i tedeschi, in un contesto di Stati sovrani, la mutualizzazione dei debiti pubblici o delle garanzie bancarie deve essere associata a un controllo sovranazionale da parte di istituzioni indipendenti, per esempio la Corte di Giustizia del Lussemburgo, come ha ribadito ieri a Handelsblatt il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble.

Perché Berlino dovrebbe sobbarcarsi i debiti spagnoli o greci se il bilancio rimane prerogativa nazionale? Perché Berlino dovrebbe garantire i depositi italiani o francesi se la sorveglianza bancaria resta nazionale? «La Germania - ha detto di recente il cancelliere Angela Merkel - crede che a questo stadio vi sia la necessità di mostrare ai mercati e all'opinione pubblica che la coesione della zona euro è assicurata. Al tempo stesso dobbiamo essere pronti a cedere un altro tassello di sovranità».
Il Paese più ricco e più solido vuole garanzie perché non diventi il Zahlmeister, l'ufficiale pagatore d'Europa. D'altro canto, la Germania ha già messo a disposizione 24,2 miliardi di euro alla Grecia, 210 miliardi all'Efsf, 190 miliardi all'Esm. È evidente un divario tra una Germania concentrata sulle conseguenze di lungo periodo di una eventuale mutualizzazione dei debiti pubblici e gli altri Paesi, comprensibilmente preoccupati dall'urgenza della situazione presente.
Il confronto è tra lo sguardo lungo della Germania e lo sguardo corto dei suoi vicini. Dietro a questa differenza ci sono le diverse condizioni di ciascuno (una Germania forte e dei vicini deboli), ma anche evidenti divari culturali. Il dibattito tedesco sulla questione della sovranità è molto più avanti che negli altri Paesi. Anche in Italia, tradizionalmente europeista, la questione non emerge nella discussione pubblica, se non con l'espressione retorica della necessità di avere "più Europa".

Dal canto suo, la Francia souverainiste ha bloccato una vera cessione di sovranità nel 2011 quando la signora Merkel aveva proposto di affidare il controllo dei conti pubblici alla Corte di Giustizia. Lo stesso fiscal compact lascia agli Stati l'ultima parola se comminare una sanzione al paese in deficit eccessivo. Interpellato ieri su questo tema, Michel Barnier, il commissario francese al mercato interno, si è detto fiducioso che il suo Paese accetterà una soluzione che «non è un'opzione, è una necessità».
Ha aggiunto Barnier, riferendosi alla necessità di accettare una riduzione delle sovranità nazionali: «Bisogna lavorare a un consenso nazionale tra il centro, il partito neogollista dell'Ump e il partito socialista. Bisogna avere un dibattito democratico nel proprio Paese». Provando l'audio prima del suo intervento a Radio Londra il 18 giugno 1940 il generale Charles de Gaulle si avvicinò al microfono e mormorò: «La France...». Se la sentirà il nuovo presidente François Hollande di mormorare «L'Europe...»?

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