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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2012 alle ore 10:30.

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Il futuro della sicurezza sismica dei capannoni industriali è già cominciato. Ed è cominciato prima dei tragici crolli avvenuti in Emilia con le forti scosse del mese scorso, quando la violenza del terremoto ha superato le previsioni degli esperti. Proprio quest'anno, infatti, si è concluso uno studio che è durato a lungo e che ha coinvolto i centri di ricerca di molti Paesi europei, un progetto battezzato SafeCast che si è occupato di verificare tutti i punti critici delle strutture prefabbricate, per aiutare i progettisti a realizzarle sempre meglio.

Perché un capannone è una struttura semplice, ma solo all'apparenza. Per resistere a una scossa deve aumentare la propria rigidità, attraverso il collegamento tra pilastri e travi o tra le travi e le coperture, come già sanno gli esperti, ma deve anche avere un certo grado di elasticità, per assorbire le vibrazioni senza collassare. Può avere dei punti definiti nel progetto in cui si concentra il danno, per evitare magari un crollo completo. Può essere fatto in modo che non solo resti in piedi, ma possa essere riparato più rapidamente, per far ripartire l'attività produttiva. Non si tratta di aumentare i costi di costruzione né di risparmiare, bensì di capire a fondo quali siano le migliori geometrie per ottenere questi risultati. Geometrie da applicare soprattutto nei punti collegamento tra le varie parti della struttura, appunto.

Tutte queste cose sono state studiate dai 16 soggetti (centri di ricerca, università e associazioni di categoria) che hanno collaborato al progetto SafeCast, costato ben 3,9 milioni di euro e finanziato in buona parte dall'Unione europea. Uno degli atti finali è stata la realizzazione di un modello in scala 1:1 testato al laboratorio Elsa del Centro comune di ricerca della Commissione europe di Ispra, in provincia di Varese.

Proprio nel marzo scorso SafeCast era stato presentato anche al Consiglio superiore dei lavori pubblici. Ma, ricorda l'ingegner Maurizio Grandi, direttore di Assobeton, che raggruppa le industrie dei manufatti cementizi, è stato solo l'ultimo passo di una serie di ricerche cominciate addirittura nel 1992 e che hanno già dato i loro risultati. «Purtroppo l'area dove si sono verificati questi sismi fino al 2003 era classificata come non sismica e le scosse a cui abbiamo assistito sono state superiori anche a quelle previste dalle mappe di rischio oggi in vigore. Ma altrove, pensiamo al terremoto dell'Abruzzo, le strutture costruite già con criteri antisismici hanno retto benissimo», racconta Grandi. «Scaricare ogni responsabilità sui prefabbricatori ,che hanno sempre operato secondo la legge e gli standard esistenti, senza trascurare di offrire il proprio contributo per un costante miglioramento degli aspetti relativi alle prestazioni ed alla sicurezza nell'impianto normativo nazionale, è davvero ingeneroso», aggiunge il presidente di Assobeton Renzo Bullo.

Appena concluso SafeCast è già partito un nuovo progetto, ancora dedicato alla sicurezza antisismica. Anche in questo caso sarà l'Unione europea a mettere mano ai propri fondi per finanziare la maggior parte dei 3 milioni di euro che verranno assegnati ai ricercatori per SafeCladding, che dovrà chiarire cosa si può fare per migliorare ancora quello che resta un punto critico delle strutture, cioè i collegamenti tra il telaio e le pareti.

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