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Questo articolo è stato pubblicato il 07 giugno 2012 alle ore 18:48.

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La caccia al killer di Brindisi è finita tra domenica e lunedì scorsi: poi si è trattato di mettere insieme i vari pezzi del puzzle, trovare i riscontri alle ipotesi investigative, preparare la trappola per incastrarlo. E ieri mattina è scattato il blitz.

Erano da poco passate le 11 quando il capo della Direzione anticrimine centrale della polizia, Francesco Gratteri, ha ricevuto una telefonata: erano i suoi uomini che dal 19 maggio, giorno dell'esplosione in cui è rimasta uccisa la sedicenne Melissa Bassi, non hanno mollato un istante le indagini.

«Ce l'abbiamo. È lui, al cento per cento». Parole dette dagli uomini del Servizio centrale operativo che in quel momento, in un capannone di Copertino a 50 chilometri da Brindisi, avevano davanti un anziano signore di 68 anni, con i capelli bianchi, «incredibilmente simile» all'uomo ripreso dalle telecamere montate sul chiosco davanti alla scuola Morvillo-Falcone.

«Le verifiche le avevamo fatte tutte e i riscontri ci dicevano che eravamo sulla pista giusta - racconta uno di loro - ma quando l'abbiamo visto non abbiamo avuto più dubbi: la fisionomia, la gestualità, erano le stesse della persona riprese dalla telecamera».

Al blitz di Copertino gli investigatori ci sono arrivati dopo aver individuato le due macchine utilizzate da Vantaggiato, la Hyundai intestata a lui con cui è andato davanti alla scuola la mattina della strage e la Punto bianca intestata alla moglie, inquadrata dalle telecamere la notte precedente, in orari compatibili con le testimonianze di chi ha detto di aver visto qualcuno posizionare un cassonetto davanti alla scuola.

Ed è proprio con la scusa di un controllo su quelle auto per una vecchia questione di viabilità che i poliziotti si sono presentati al deposito di carburante, qualificandosi come agenti della polizia stradale. «Ci scusi, dobbiamo fare un controllo, può favorirci la patente?».

Una domanda innocua che ha consentito però di avere un ulteriore conferma che la strada era ormai spianata: Vantaggiato ha dato il documento con la mano sinistra, tenendo la destra in tasca. Lo stesso identico atteggiamento dell'uomo che il 19 maggio scorso con la sinistra attiva il telecomando che innesca l'esplosione.

In quel momento il sessantottenne, racconta chi era presente, era tranquillo, forse perché non aveva ancora capito che quei poliziotti erano lì per tutt'altro motivo. Fatto sta che è rimasto calmo anche alla domanda successiva, quando gli hanno chiesto di poter controllare la Hyundai che era lì nel capannone.

Le certezze dell'uomo hanno però cominciato ad incrinarsi quando gli hanno chiesto dell'altra auto, la Punto della moglie. In quell'istante Vantaggiato ha capito e ha cominciato ad essere reticente, a svicolare, a cercare di prender tempo. E a dire la prima di una serie di bugie. «Perché volete sapere di quella macchina, è ferma e non cammina da tempo, non so neanche dove sia parcheggiata».

Parole dettate forse dalla disperazione a cui nessuno dei presenti, ovviamente, ha creduto. Tanto che dopo qualche altra sollecitazione, Vantaggiato si è deciso ad accompagnare gli agenti sotto casa sua, a poca distanza dal capannone, dove era parcheggiata la macchina. In perfetto stato e circolante. La caccia era finita: i poliziotti hanno guardato il sessantottenne e lui ha capito. «Ci segua in questura, dobbiamo finire gli accertamenti». «Va bene».

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