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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2012 alle ore 06:40.

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Il ministro della Giustizia Paola Severino blinda la sua mediazione sul ddl anticorruzione e chiede un rinvio a martedì per mettere a punto un maxiemendamento che assorba i punti ancora aperti, su cui si «ipotizza» il voto di fiducia.

È finita così, ieri, nell'aula della Camera, dopo una Conferenza dei capigruppo in cui il ministro per i rapporti con il Parlamento Piero Giarda ha appunto ipotizzato la fiducia sugli articoli 10 (incandidabilità), 13 e 14 (penale), fino al 19 (norme di coordinamento). Tra martedì e mercoledì, quindi, la Camera potrebbe approvare il testo. Che negli stessi giorni sarà all'esame dell'Ocse per verificare se contiene "progressi" sul fronte della prescrizione, visto che da tempo Parigi ci chiede termini più adeguati per un'incisiva lotta alla corruzione.
La comunicazione sulla fiducia, attesa da giorni, è giunta dopo che lo stesso governo aveva incassato, nel comitato ristretto della commissione, il «no» unanime a tre modifiche dell'articolo 12, che introduce una stretta senza precedenti per gli incarichi "fuori ruolo" dei magistrati. L'emendamento-Giachetti (dal nome del deputato del Pd che lo ha proposto) è stato confermato dall'aula, senza deroghe per nessuno: né per le toghe in servizio al Quirinale né per quelle prestate al Csm, alla Corte costituzionale o alle Authority.

Dunque, niente «norma Iannini», com'era stata battezzata la deroga per le Authority dopo la nomina dell'ex capo del Legislativo della Giustizia, Augusta Iannini, alla Privacy. Nessun magistrato potrà restare "fuori ruolo" per più di 10 anni, con un intervallo di 5, e non percepirà un doppio stipendio. Chi, al momento dell'entrata in vigore della legge, avrà superato il decennio, dovrà rientrare subito nei ranghi della magistratura.
Quanto alla fiducia, il governo deve decidere se estenderla all'incandidabilità, cioè all'articolo 10. Neppure ieri si è trovato un accordo: Pd e Idv chiedono di far scattare l'incandidabilità anche in caso di condanne di primo grado per reati gravi (mafia, terrorismo, corruzione, concussione); Pdl e Udc sono contrari perché «è incostituzionale». È probabile che, alla fine, si torni al testo della commissione, cioè a una delega al governo da esercitare entro sei mesi.

Anche per le norme penali è probabile che si voti il testo della commissione, con o senza fiducia. Ieri Severino, nel comitato ristretto, ha dato parere negativo su tutti gli emendamenti presentati, blindando il testo uscito dalla commissione, cioè la sua stessa mediazione. Il maxiemendamento potrebbe introdurre ritocchi, niente di più. La novità (ammesso che lo sia) è che Pd e Pdl sono d'accordo sull'articolo 319 quater. La nuova «concussione per induzione», quindi, non si tocca: pena ridotta da 12 a 8 anni per il concussore (e perciò prescrizione ridotta da 15 a 10 anni); punibilità anche del concusso (fino a 3 anni) oggi considerato vittima. Con il nuovo reato dovranno fare i conti i magistrati nei processi in corso, tra cui quello Ruby a Silvio Berlusconi e quello sulle aree Falk a Filippo Penati: le ricadute non saranno neutre, anche se nessuno sembra preoccuparsene, neanche l'Anm e il Csm. Fabrizio Cicchitto, comunque, fa sapere che il Pdl «accoglie il testo sulla concussione» ma chiede una «profonda revisione» del «traffico di influenze illecite». Dario Franceschini, invece, si augura che «il governo non cambi una virgola del testo adottato dalla commissione». La mediazione potrebbe prevedere che sulla corruzione la pena torni da 8 a 7 anni, come stabiliva la proposta del governo prima che in commissione fosse approvato un emendamento del Pd, ma che il traffico di influenze illecite resti com'è.

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