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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2012 alle ore 06:38.

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Quando non sono le aste e gli spread a rovinare la giornata sul mercato dei titoli di Stato dell'Eurozona, arriva l'ospite indesiderato, l'agenzia di rating, a guastare la "festa" con il declassamento di un Paese periferico in difficoltà. Ieri mattina la Spagna ha collocato tre Bonos per l'importo massimo prefissato - impresa insperata solo qualche giorno fa - ma poi in serata è arrivata la retrocessione di tre gradini da parte di Fitch, che ha portato Madrid dalla "A" alla "BBB". I due eventi però sono solo apparentemente contrastanti: nelle aste europee di ieri, comprese quelle di Francia e Italia, non c'era granchè di cui gioire mentre la decisione di Fitch, a ben leggerne le motivazioni, è un mero aggiornamento dei recenti, drammatici peggioramenti del quadro economico, fiscale e bancario spagnolo (per l'agenzia di rating Usa Egan Jones tra l'altro la Spagna è già junk al livello singola "B").

Come si può festeggiare - così almeno è sembrato ieri - un'asta spagnola che ha registrato una "forte" domanda per tre Bonos collocati per 2,07 miliardi, sopra il tetto massimo di una forchetta indicata tra 1 e 2 miliardi? Gli ammontari previsti inizialmente dal mercato orbitavano sui 3,5 miliardi, poi tagliati perchè evidentemente eccessivi per essere assorbiti totalmente dal mercato domestico. Le banche spagnole in aprile avrebbero ridotto, e non aumentato come nei cinque mesi precedenti, l'entità dei titoli di Stato detenuti in portafoglio, per poi riaumentarla lievemente in maggio, stando alle statistiche di Bce e Tesoro spagnolo. Le aste della Spagna, anche quelle di ieri, sono distensive come la sala d'attesa di un dentista: per raccogliere 611 milioni di euro, l'agenzia del debito spagnola ha comunque dovuto pagare oltre il 6% (6,044%). Questo rendimento va messo nel contesto dei forti squilibri europei: per pura coincidenza, anche la Francia ha raccolto ieri poco più di 600 milioni in asta con un titolo a lunga durata, peccato però che fosse a cinquant'anni, scadenza 2060, con un rendimento di assegnazione del 3,27%, quasi la metà di quello spagnolo.

Altro che Stati Uniti d'Europa. L'Italia ieri ha chiuso con discreto successo il collocamento del secondo BTp Italia: il tasso cedolare reale annuo definitivo è stato fissato al livello minimo garantito, il 3,55%: peccato che soltanto tre mesi fa, il primo BTp Italia è stato venduto alla pari al 2,45% e il primo giugno, per colpa dello spread in tensione, il suo prezzo era sceso fino a quota 96,44, per poi iniziare la risalita.
Non si può, non si deve, cancellare il grido d'allarme del ministro delle finanze spagnolo che in questi giorni ha enfatizzato il rischio di chiusura alla Spagna dell'accesso ai mercati per rifinanziare il debito pubblico. Fitch dunque non ha guastato la festa perchè la festa non c'era. L'agenzia di rating ha proiettato il debito/Pil spagnolo al 95% nel 2015, senza interventi esterni per una ricapitalizzazione delle banche stimata attorno ai 60 miliardi. Questa valutazione potrebbe rivelarsi prudente: nei giorni scorsi RBS ha calcolato una spesa sulle banche molto più elevata (fino a 180 miliardi), con un debito/Pil destinato a sforare abbondamente il 100 per cento senza aiuti europei.

I rendimenti di assegnazione delle aste e i declassamenti di rating, giornate come quella di ieri, non possono che servire da stimolo per accelerare la stesura di soluzioni definitive alla crisi dell'euro. I progetti sul tavolo non mancano: l'unione bancaria tramite la ricapitalizzazione delle banche con fondi europei speciali di stabilità bancaria e un fondo di garanzia europeo per i depositi bancari; l'unione fiscale e il collocamento di titoli di Stato europei; l'emissione di project bond per rilanciare le infrastrutture trasfrontaliere. Per arrivare a questi traguardi, degni di veri festeggiamenti, gli Stati dovranno cedere - in parte - la propria sovranità nazionale a favore di un sistema federale di Stati Uniti d'Europa.

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